Frank Zappa & The Mothers of Invention – Absolutely Free

La registrazione del secondo album di Frank Zappa coi Mothers of Invention, Absolutely Free, ebbe luogo negli studi Tt&g in soli quattro giorni nel novembre del 1966: dopo il disastro finanziario di Freak Out!, la Mgm concesse soltanto due doppie sessioni di registrazione per la realizzazione del disco e, dato che i Mothers avrebbero suonato a New York la settimana seguente, il mixaggio sarebbe stato eseguito negli studi dell’etichetta, dove i costi sarebbero stati molto più bassi. Prima di queste sessioni, vi furono però un gran numero di cambi all’interno del gruppo: Bill Mundi sostituì Denny Bruce alla batteria quando questi prese la mononucleosi mentre, quella stessa estate, il tastierista Don Preston si unì ufficialmente alla band; nel frattempo, Elliott Ingber venne sbattuto fuori dal gruppo, probabilmente perchè fumava troppa erba: si narra di un episodio in cui Ingber cercava di accordare una chitarra con l’amplificatore spento, sotto gli occhi increduli di Frank Zappa e Ray Collins, che raccontò in seguito: “Frank lo squadrò, squadrò me e poi l’amplificatore, e capii che sarebbe stata l’ultima sera di Elliott Ingber con il gruppo“. Il chitarrista fu prontamente sostituito da Jim Fielder, che restò però solo pochi mesi, fino al febbraio del 1967, quando si unì a Steven Stills nei Buffalo Springfield; in aggiunta, arrivarono anche Bunk Gardner agli strumenti a fiato e l’amico di sempre Jim “Motorhead” Sherwood, roadie ed occasionalmente sassofonista e corista, mentre lo zoccolo duro del gruppo non era mutato: Ray Collins alla voce, Roy Estrada al basso e Jimmy Carl Black alla batteria.

Dopo le registrazioni, i Mothers si erano trasferiti a New York per una serie concerti promozionali al Garrick Theatre, mentre si preparavano per un tour europeo. Frank aveva frettolosamente sposato la groupie Gail Sloatman appena prima della nascita della loro primogenita Moon-Unit, solo per placare gli animi dei loro genitori cattolici – pochi anni prima aveva infatti dichiarato riguardo al matrimonio: “Mi sono sposato una volta, e non ha funzionato. Se mai dovessi risposarmi, scegliere una sordomuta sterile, a cui piaccia lavare i piatti. Ci sono talmente tante donne americane che rispondono, almeno su un piano intellettuale, a questa definizione“. Alla fine Gail diventerà la sua storica compagna di vita, oltre che la maggior responsabile della pubblicazione delle opere postume del marito, fino alla morte nell’ottobre del 2015.

In questo contesto, Absolutely Free uscì nel giugno del 1967 – non senza censure – e raggiunse il quarantunesimo posto in classifica, confezionato nella copertina disegnata dallo stesso Zappa in cui la sua espressione severa riempie prepotentemente l’immagine, mentre le teste degli altri membri dei Mothers fluttuano dal basso, ed era inoltre corredato da un libretto in cui, aggirando la censura, Zappa scriveva che poteva inviare i testi integrali a chiunque gliene avesse fatto richiesta, dietro un modesto pagamento. Questo secondo album è il perfetto ponte tra il cinismo self-made di Freak Out! e l’intenso cabaret di We’re Only In It For The Money, guidato dagli arguti dialoghi di Frank che sono per lo pi51f9osxKaGLù volti a criticare il governo e la politica del suo tempo, in un frullatore completo di ogni genere, dal rhythm and blues alle adolescenziali parodie pop. L’album è diviso in due “oratorie metropolitane“: sul lato A si dipana una suite denominata “Absolutely Free”, che consiste principalmente sulla vita di metaforiche verdure (anche se la prima traccia, “Plastic People”, si connette più alla seconda parte), mentre il lato B, denominato “The Mothers Of Invention American Pageant” è circa le abitudini e la cultura del bifolco americano medio; in un crescendo tematico si sfocia quindi in un’implicazione generale, derivata per sillogismo, in cui l’americano medio è visto come un non-pensante vegetale, privo di volontà e soggetto ai mali stagionali della sua epoca.

Il lato A è coperto dalla “Suite No. 1: Absolutely Free (1st in a Series of Underground Oratorios)“, più orientata alla commedia rispetto alla seconda parte e contiene alcuni dei migliori testi del repertorio di Zappa. Il primo capitolo fa parte del giornalismo musicale di Frank e si apre con “Plastic People“, un pezzo che tratta della manifestazione contro la demolizione del locale “Pandora’s Box” di Los Angeles, avvenuta il 12 novembre 1966, e si focalizza sulla dispersione violenta della folla da parte delle forze dell’ordine; in questo brano, non solo la polizia viene definita “nazista”, ma anche i manifestanti davanti al club vengono bollati come “gente di plastica”, colpevoli di essersi fatti facilmente manipolare. Infine, nell’agosto del 1967 Zappa diede alla traccia una nuova definizione: “Gli stronzi bugiardi che governano quasi tutti i Paesi sono Plastic People!“. Le seguenti tre composizioni (“The Duke of Prunes“, “Amnesia Vivace e The Duke Regains His Chops“) sembrano quasi far parte di una mini-suite a sé, tra varie citazioni dei balletti di Stravinskj (in particolare sezioni da La Sagra della Primavera e L’uccello di fuoco), poste in contrapposizione ai testi non-sense che scherniscono la canonica struttura della canzone rock, mentre la vampata blues di Call Any Vegetable” viene segnata da un incredibile sax soprano di Bunk Gardner e dalla voce di Ray Collins, che rende la musica intensamente melodica, lanciando poi la gioviale “Invocation and Ritual Dance of the Young Pumpkin” uno dei primi esempi di fusion e la prima traccia strumentale del disco, in cui Zappa inserisce il tema portante di “Jupiter, Bringer of Jollity” dalla Planets Suite di Gustav Holst. Infine, “Soft-Sell Conclusion” conclude il lato A, continuando sarcasticamente le polemiche di Freak Out! riguardo ai pericoli della società del consumi.

Il secondo lato è avvolto dalla “Suite No. 2: The M.O.I. American Pageant (2nd in a Series of Underground Oratorios)” che fa satiricamente a pezzi la società americana sparandole già alla testa in “America Drinks“, una parodia degli uomini d’affari alcolizzati, segnata dal vigoroso drumming di Jimmy Carl Black, mentre “Status Back Baby” possiede una fastidiosa melodia anni Cinquanta, combinando elementi doo-wop con ancora un omaggio ai balletti di Stravinskij (Petrouchka) nell’interludio strumentale, con un testo autobiografico in cui Zappa si lamenta delle ragazze pop-pon della sua vecchia scuola, spiegando cosa esse rappresentino nella cultura popolare in maniera molto pungente. La rinfrescante “Uncle Bernie’s Farm” a dispetto della sua leggerezza è “una canzone che parla di brutti giocattoli e della gente che li costruisce. Suggerisce la possibilità che chi compra brutti giocattoli sia brutto come i giocattoli stessi“, mentre la parentesi di “Son of Suzy Creamcheese” (il soprannome della groupie Suzy Zeiger) è liberamente ispirata al riff di “Louie Louie” di Richard Berry, un tema che Frank avrebbe ripreso più volte nella sua carriera e che avrebbe potuto essere un grande successo nelle mani di qualcun altro, ma che in questo luogo agisce solo come un preludio divertente alla vetrina principale dell’album, “Brown Shoes Don’t Make It” ovvero “l’intera musica compressa in soli 8 minuti“, con più di venti temi musicali in un unico corpus, tra jazz-rock, blues e music hall, descritto da Frank Zappa come una dedica a Lyndon B. Johnson ma, più in generale, “un pezzo su chi governa, sulle persone che fanno le leggi che ti impediscono di vivere la vita come dovresti. Questi miseri uomini scrivono leggi e ordinanze inique, forse inconsapevoli del fatto che le restrizioni che impongono ai giovani sono il risultato delle loro frustrazioni sessuali nascoste. Questi vecchi sporcaccioni non hanno il diritto di governare  il tuo Paese. Chiude il disco America Drinks and Goes Home“, una grottesca caricatura della musica da aperitivo che Frank suonava anni prima con Joe Perrino e i MellowTones, fra i discorsi del pubblico e la voce melliflua del cantante da night-club nel mezzo di bicchieri rotti e risse di sottofondo, con Herb Cohen che “suona” a modo suo il registratore di cassa.

Saltando da uno stile all’altro senza preavviso, l’album gira come una ruota libera e irrefrenabile, il che è reso possibile non solo dalla strumentazione ampliata, ma anche dalle sperimentazioni di Zappa sulla manipolazione dei nastri: esilarante, imperscrutabile, virtuosamente complesso, Absolutely Free è un album meno immediato di Freak Out!, ma è un disco incredibilmente inventivo, che si allontana dal doo-wop del debutto a favore di uno stile più frammentato, filtrato dalla musica classica e dal giornalismo musicale, tutti elementi che hanno reso negli anni Frank Zappa uno dei compositori più originali della storia.

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