Ash Ra Tempel – Ash Ra Tempel

Gli Ash Ra Tempel furono una delle prima band della scena elettronica tedesca: le origini risalgono al 1967, quando a Berlino il giovanissimo chitarrista Manuel Göttsching tentò la strada del rock con il compagno di classe e bassista Hartmut Enke, in un duo denominato dapprima Bomb Proofs poi Steeple Chase Blues Band. Un viaggio a Londra nel 1970 convinse il gruppo a dedicarsi al rock a tempo pieno, dividendo per un periodo una sala prove con gli Agitation Free e i Tangerine Dream: fu proprio con il batterista di questi ultimi, Klaus Schulze, che la coppia formò gli Ash Ra Tempel; nel 1971 la band registrò questo primo omonimo album per la Ohr, con l’ausilio del tecnico del suono Conny Plank, un abilissimo catalizzatore di idee e figura fondamentale della scena Krautrock di quegli anni; l’iconica copertina del disco raffigura in un disegno di Bernhard Bendig una doppia porta di ingresso al tempio del Sole (Ra) con al suo interno il celebre poema beat di Allen Ginsberg, “L’urlo“. 

Ci doveva essere stato qualcoash_ra_tempel_-_ash_ra_tempel_-_frontsa di veramente strano nel cielo sopra la Germania (e non solo sopra Berlino) nel 1971 – oltre che, presumibilmente, un sacco di nuvole lisergiche – considerando alcune delle composizioni pubblicate quell’anno: Tago Mago dei Can, Dance of the Lemmings degli Amon Düül II, Alpha Centauri dei Tangerine Dream, In den Gärten Pharaos dei Popol Vuh e gli album di debutto omonimi dei Faust e dei Cluster… E nel giugno di questo mirabilis annus arrivò anche l’ormai leggendario primo disco del “power trio” solare degli Ash Ra Tempel, un capolavoro di acid rock con 45 minuti non-stop di inceppamenti cosmici ed accordi interstellari, senza paracaduti per attutire il colpo.

L’intimidatoria “Amboss” (“incudine”) avvolge tutta la prima parte in quasi venti minuti di narcotico retaggio del passato da blues band degli Ash Ra Tempel: un numero magistrale pieno di chitarre selvagge tra percussioni agghiaccianti ed un basso alienante: in una melodia che evolve lentamente, Schulze e la sua batteria rimangono sempre energici e trainanti, nuotando tra continue onde sonore e affogando il pezzo in un oceano turbolento ed instabile. Non c’è alcun senso di montaggio ma tutto pare comunque molto fluido ed organico: ancestrali immagini entrano nella testa dell’ascoltatore come nubi temporalesche, lasciandolo inerme dentro ad una claustrofobica gabbia musicale che lo fa precipitare inesorabilmente verso il punto di non ritorno: secondo Soren Kierkegaard, il padre dell’esistenzialismo, l’esperienza dell’ansia aiuta l’individuo a riconoscere la propria vera identità, pertanto questa canzone si può dire che abbia raggiunto il suo utile scopo.

L’atmosferica “Traummaschine” (“macchina dei sogni”) è molto estatica e di più facile ascolto, nonostante i suoi venticinque minuti; si inizia con un muro surreale alla Tangerine Dream, con dei mellotron che dipingono un affresco sonoro di pura armonia fra cori celesti ed invisibili anime perdute, un bel contrasto con il lato caotico della misteriosa improvvisazione rock che si impone più avanti, ma questo viaggio non è aggressivo come la prima parte di questo LP e, dopo una decina di minuti, i suoni lentamente svaniscono di nuovo nel vuoto dal quale sono venuti. Dall’inizio lento e tastieristico, alla parte centrale più percussiva e fino al chitarristico finale, è sempre presente un’atavica energia oscura appena sotto la superficie: se “Amboss” è stata l’apocalisse dell’underground tedesco, questa “Traummaschine” passa gradualmente dalle grezze macerie della prima traccia ad un lenitivo mantra esoterico, che va alla fine alla deriva nell’apparente stato di grazia di un sonno senza sogni. Anche questa canzone a luci stroboscopiche è capace di produrre continui stimoli visivi: non a caso il libro di William Grey Walter, ”The Living Brain”, è stato d’ispirazione per questo marchingegno onirico tramutato in musica.

Per apprezzare appieno quest’album bisogna amare il dinamico duo composto da Schulze e Gottsching, ed è interessante ascoltare Schulze focalizzarsi sulla batteria anziché sulle tastiere come nei Tangerine Dream: spesso non c’è neanche battito, ma solo una lunga costruzione cacofonica ed organica del suono. La musica ultraterrena e psicotronica degli Ash Ra Tempel a volte è abbastanza inquietante, sicuramente non è di facile ascolto: non è un genere per cui vado matta – bisogna saperla apprezzare nei momenti giusti – ma è sicuramente un’esperienza magnetica e suggestiva da provare almeno una volta nella vita. 

Dopo questo primo album, Klaus Schulze preferì andare per conto suo e dedicarsi alla sua carriera solista, venendo sostituito da Wolfgang Muller, anche lui ex Steeple Chase: ufficialmente schierati ancora come un trio ma con qualche ospite di supporto, gli Ash Ra Tempel incisero Schwingungen nel 1972, altra molecola fondamentale della musica cosmica tedesca.

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