Ash Ra Tempel – Schwingungen

Schwingungen è indubbiamente un disco imponente (nonostante la sua durata), e quando si ha a che fare con certi “doni degli dei” (tanto per citare Julian Cope) risulta difficile convertire a parole le sensazioni che essi sanno trasmettere.

Il secondo album degli Ash Ra Tempel può considerarsi come la continuità logica del debutto, anche se appare molto più tranquillo e meno strutturale: edito nel 1972 per la storica etichetta tedesca Ohr, Schwingungen sfoggia una calda copertina (opera ancora di Bendig) e venne prodotto dal lungimirante Dieter Dierks; all’interno del disco, spicca indubbiamente l‘assenza di Klaus Schulze (che aveva abbandonato la band per la carriera solista), mentre l’aggiunta di voce, vibrafono e sassofono suggeriscono un’esperienza più terrena che, in realtà, è soltanto un inganno che non ci fa troppo cullare in questo falso senso di sicurezza. A sostituire Schulze ci pensò Wolfgang Muller (batteria), che si unì a Manuel Gottsching (chitarra) e Hartmut Henke (basso): ufficialmeash-ra-tempel-schwingungen[1]nte schierati a trio ma con ancora qualche ospite di supporto, la musica di Schwingungen si intrufola dentro l’ascoltatore come un Terzo Occhio, grazie anche alla presenza del percussionista e roadie Uli Popp, del sassofonista Matthias Wehler e del folle vocalist Manfred Bruch, alias John L., noto anche come “Il Re Hippy di Berlino” non tanto per le sue prodezze vocali, quanto per le sue piccole stravaganze (come l’usanza di presentarsi nudo sul palco con il pene colorato!!).

La prima facciata è decisamente la più psichedelica e viene denominata “Light and Darkness“, dividendosi per mitosi in due canzoni antitetiche: la prima, “Light: Look at Your Sun“, è un lento blues dall’epidermide cosmica, corredata dal canto stonato di John L., un testo flower-power (con un “we are all one” ripetuto fino alla nausea!) e dalle chitarre dal riverbero pinkfloydiano; Darkness: Flowers Must Die” si staglia invece al suo opposto musicale, in un frenetico free-jazz composto da accordi di chitarra pulsanti, un ronzante drumming, uno sguainato sassofono ed una voce completamente impazzita, ergendosi come un pezzo dall’audace postura anarchica. E che dire del testo, che esprime tutta l’asperità verso la moderna vita di tutti i giorni, in contrasto alle immagini romantiche della natura: “I see when I come back, from my lysergic day-dream, standing in the middle of the glass and neon forest with an unhappy name: City. Flower must die: I want to be a stone: not living, not thinking. A thing without warm blood in the city”. 

La seconda facciata, “Schwingungen” (“vibrazioni”), si compone invece della sola e ribollente “Suche & Liebe” (“cerca e ama”), che secerne un effetto lenitivo dopo l’atmosfera psicotica che l’ha preceduta, in un modo molto – forse troppo – vicino al gran finale di A Saucerful of Secrets dei Pink Floyd: Gottsching allontana, quindi, la follia distopica della prima facciata per presentare una visione più serena, ma non meno potente, con la musica che lentamente va alla deriva attraverso una nube interstellare di vibrafoni e pulsante elettronica che portano dritti verso un climax paradisiaco di cori celesti ed orgiastiche melodie. 

Schwingungen è indubbiamente un viaggio impegnativo: che lo usiate come una forma di meditazione o come un mezzo di evasione dalla vita, vale comunque la pena di ascoltarlo.

Da qui in avanti la storia degli Ash Ra Tempel si fece decisamente più confusa: di nuovo senza un batterista la band rallentò l’attività, con Henke che riparò in Svizzera dal fuggiasco Timothy Leary partorendo il progetto di collaborazione che porterà alla nascita dei Cosmic Jokers.

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