Burnin Red Ivanhoe – Burnin Red Ivanhoe

Burnin Red Ivanhoe è il terzo album dell’omonima band, costituitasi già nel 1967 in Danimarca. Il loro stile si rivela fin dal debutto abbastanza originale, mescolando il jazz-rock con R&B, blues, psichedelia e hard rock.

L’album uscì per la Sonet nel 1970, prodotto da Tony Rivees dei Colosseum e con una copertina progettata da Poul Bruun, con una classica foto dei cinque (allora) giovani componenti della band: Ole Fick (chitarra e voce), Kim Menzer (strumenti a fiato), Karsten Vogel (tastiere), Jess Staehr (basso) e Bo Thrige Anderson (batteria). Salta all’occhio il fiore che pare tarassaco, e francamente mi sono chiesta se ci fosse celata dietro una simbologia, ma non ho trovato nulla a sostegno della mia pseudo-tesi.

Data la scarsità di informazioni reperibili è difficile trovare dati certi; sicuramente l’album venne registrato a Croydon (Londra) ai CSB Studios e anche questo probabilmente contribuì a dare un tono inglese (Caravan su tutti) al lavoro, che di per sè presenta anche altre parti pesanti, decisamente d’impronta scandinava.

Across The Windowsill” è un signor inizio, dominato da un intermittente basso e un incessante organo, con la voce blues di Ole Fick che ricorda a tratti Van Morrison. Un piccolo gioiello nordico di circa 7 minuti. “Canaltrip” ha una trama strumentale bossanova cucita essenzialmente da un esteso ed elastico assolo di sax, rattoppato da diverse percussioni e una chitarra acustica. Venne registrata a parte per un film di Henning Carlsen (celebre regista danese) ai Wifos Studios di Copenhagen ed infatti si palesa da subito cinematografica e visionaria. “Rotating Irons” si apre su una pista blues-rock dominata dalla chitarra elettrica e sostenuta da organo e armonica a bocca mentre “Gong-Gong, The Elephant Song“, alternando assoli di trombone, sax e armonica è un curioso intermezzo strumentale che viaggia in territori jazz/rock, ricordando vagamente la “King Kong” di Frank Zappa coi suoi Mothers. La seguente “Near The Sea” è un’abbiente ballata blues con un intrigante lavoro strumentale, specialmente nella sezione finale in cui subentra per un momento un flauto davvero voluttuoso.Chiude infine il cerchio “Secret Oyster Service” (dal titolo del futuro nome della band che Karsten formerà per un breve periodo): dieci minuti di superbo free-jazz-rock, con doppio sassofono.

Creatura strana questo album: stuzzicante, a tratti alienante, ma sempre stimolante. Tutto da provare.

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