Caravan – In the Land of Grey and Pink

Cartine alla mano, si viaggia in carovana verso l’Inghilterra meridionale: direzione? Canterbury, la culla del progressive. Più precisamente “in the land of grey and pink where only boy-scouts stop to think“, nella suggestiva copertina rosa di Anne Marie Anderson.
A metà degli anni sessanta i capostipiti della scena, i Wilde Flowers, danno il via al fenomeno di un’era – dalla loro unione ne esce fuori un fiume in piena di jazz e rock psichedelico che sfocia in un delta dalla cui biforcazione emergono i due gruppi più emblematici: i Soft Machine e, appunto, i Caravan.
La band si forma nel 1968 ed è composta (in questo terzo album) dai cugini Dave (organo Hammond e piano) e Richard (basso e voce) Sinclair, dai fratelli Pye (voce e chitarra) e Jimmy (flauti e sax) Hastings, scanditi da Richard Coughlan alla batteria.
Il rock dei Caravan è più modico e pulito rispetto all’eccentrismo dei Soft Machine e questo secondo album, edito dalla Deram nel 1971 come primo numero della serie SDL ne è una attestazione, rimarcando il morbido esordio di If I Could Do it All Over Again, I’d Do it All Over You.

Si inizia con l’accessibilissima “Golf girl“; la ragazza in questione si chiama Pat e, vestita in PVC, vende il tè a Richard Sinclair in una love song stravagante (dedicata alla sua futura moglie) e vagamente onirica modulata in special modo da sax e percussioni, fino al tripudio del flauto nella fase di chiusura, che fanno sembrar facile la complessità di un sound che è quello esclusivo di Canterbury. La splendida e malinconica “Winter wine” (che Pye Hastings presenta sulle note di copertina come “probabilmente la più bella canzone che Richard Sinclair ha mai scritto“) inizia in un incantevole sussurro acustico per prendere repentinamente volume con l’ingresso in scena di batteria, mellotron e quant’altro si possa immaginare, mentre scorrono in superficie molteplici riflessioni: “life’s too short to be sad, wishing things you’ll never have you’re better off not dreaming of the things to come, dreams are always ending far too soon“.
Con “Love to love you (and tonight pigs will fly)” il microfono passa a Pye Hasting in una canzone apparentemente frivola, intrisa di ironia a volte anche macabra (“‘But you just smiled and gently shook your head, and put a hole through me so I was dead“), persa tra fraseggi chitarristici, un tempo in 7/8, eminenti flauti ed un Pye Hasting che canta con una leggerezza pop surreale senza precedenti nè esaltazioni “my pigs might fly, that can’t be bad – how you have the cheek to smile and tell me I’m mad!“.

L’eleganza fiabesca di cui son portatori sani i Caravan è ben palesata nella title-track “In the land of grey and pink“: nella sua essenzialità incarna la ballad più conosciuta della band, con un memorabile Dave Sinclair che si intromette d’improvviso al piano, ed un lampante ed irresistibile Richard Sinclair che regala il meglio di sè.
La gemma di questa composizione e manifesto della band è la suite di 22 minuti “Nine feet underground“, composta nello sgabuzzino di Dave che si trovava, appunto, nove piedi sotto terra; si tratta di un collage musicale di otto parti dall’umore vario, per la gran parte strumentale, nato da un progetto denominato “Dave’s Thing”: si inizia con un inebriante organo (che dominerà nettamente il lavoro) e l’immancabile sassofono, ma encomiabile è anche il lavoro di chitarra, basso, tastiere e batteria. Si tratta di canzone intrigante, uno sposalizio di suoni incastrati a meraviglia che nonostante la lunghezza, si rivela così leggero e agevole da accompagnarci saltellando in questo mondo bicolore altamente tinteggiato.

Dopo questo disco, il resto della produzione non è così illuminata, anche se sempre perlomeno gradevole: decisivo fu l’abbandono di David Sinclair, che dopo aver partecipato a The End of An Ear dell’amico Robert Wyatt, decise di raggiungerlo nei Matching Mole. Lo sostituì Steve Miller, dai Delivery, un pianista jazz il cui stile influì molto sul suono dei nuovi Caravan: Waterloo Lily uscì nel maggio del 1972, patendo la diversa ispirazione del nuovo membro, ma rimane un disco comunque pregevole dal punto di vista strumentale.

In the Land of Grey and Pink è un album consigliato a chi vuole avvicinarsi al progressive senza troppi impegni, ma anche a chi già conosce questa magica scena e ha imparato ad amarla, soprattutto con gruppi più melodici come Gong e Camel.

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