Frank Zappa – Hot Rats

Il settimo album di Frank Zappa, Hot Rats, uscì nel dicembre del 1969: presentato come la prima opera solista di Frank, questo è soprattutto il primo capitolo delle sue esplorazioni jazz-rock, e se negli USA non ebbe il successo sperato, il disco entró di forza nelle classifiche inglesi ed olandesi, dove fu salutato come l’indiscusso capolavoro di un genere inedito fino ad allora.

Nell’estate del 1969, Frank stava producendo l’album delle GTOs Permanent Damage e nel frattempo stava lavorando al suo Hot Rats, provando nel seminterrato di casa in compagnia degli ex-Mothers Ian Underwood e Roy Estrada, il bassista Max Bennett, il batterista Paul Humphrey e talvolta anche John Guerin, un giovane e scatenato percussionista fusion. Frank aveva inoltre contattato il bassista Johnny Otis, eroe della sua gioventù, e tramite lui era riuscito a scovare il violinista Don “Sugarcane” Harris, a cui Frank pagò la cauzione dato che in quel numero si trovava in prigione per droga. Durante le registrazioni del disco, Frank fece sentire alcune delle tracce al produttore jazz Richard Bock e, un paio di giorni dopo, questi gli diede un vinile del violinista Jean-Luc Ponty, che incantó talmente tanto Frank da decidere di farlo suonare in “It Must Be a Camel”, un brano molto accattivante che fece nascere anche l’idea di far incidere al violinista un album intero coi pezzi scritti da Zappa: questo disco fu composto ed arrangiato dallo stesso Frank Zappa ma come produttore figurava Richard Bock (Frank non riuscì ad accreditarsi perché l’accordo tra la Bizzarre e la Warner aveva sancito che il suo nome potesse comparire solo in esclusiva sulla sua etichetta); fu così che nacque King Kong (Liberty, 1970) con una band di supporto a Jean-Luc Ponty formata dagli gli ex Mothers Art Tripp e Ian Underwood ed il futuro Mothers George Duke al piano elettrico, John Guerin alla batteria e Buell Neidlinger al basso.

Ma facciamo un salto indietro e ritorniamo a Hot Rats: esso venne in gran parte costruito su una serie di composizioni jazz strumentali e la musica suona molto diversa dagli album precedenti di Zappa, caratterizzati per le sue prestazioni vocali satiriche ed un ampio uso della musica concreta e dei nastri manipolati; questo fu il primo disco di Frank Zappa registrato su un “registratore a 16 piste fatto in casa” (su un prototipo messo a punto dagli ingegneri dei TTG Studios di Hollywood alla fine del 1968) ed uno dei primi lavori in assoluto ad utilizzare questa tecnologia, che consente una maggiore flessibilità nella sovraincisione rispetto ai registratori a 4 o 8 tracce che erano di serie nel 1969; le tracce aggiuntive hanno reso possibile a Zappa l’innesto di più strumenti a fiato e delle tastiere di Ian Underwood e solo pochi musicisti sono stati necessari per creare una particolare texture strumentale che fornisce il suono finale di una band formata da una moltitudine di elementi.

Dal punto di vista mhotratshotratsusicale, Hot Rats mostra la partenza verso le avanguardie filtrate dal rock psichedelico sperimentale che Frank Zappa aveva prediletto fino ad allora, ma questo album lascia la maggior parte delle sperimentazioni dietro di sè, virando in favore di un puro jazz-rock: il risultato è un lavoro quasi impeccabile, pieno di ottimi assoli e groove accattivanti, dominato per lo più dai fiati di Ian Underwood e dalla chitarra di Frank Zappa. Visivamente, il disco si caratterizza invece per la sua inquietante immagine di copertina agli infrarossi, opera del fedele grafico Cal Schenkel, che ha posto in primo piano Miss Christine (una nota groupie delle GTOs) mentre faceva capolino da una piscina vuota in un giardino incolto di Beverly Hills, proprio come uno zombie sarebbe emerso da una tomba: questa foto fu scattata da Ed Caraeff, già autore del collage visivo del colossale Uncle Meat, ed è molto rappresentativa per le note di copertina scritte da Zappa, che descrisse l’album come “un film per le orecchie“, dedicandolo al figlio appena nato, Dweezil Zappa.

Nell’epica “Peaches en Regalia” Frank Zappa trasforma il nostro concetto di musica classica, riuscendo sempre a rubare l’attenzione dell’ascoltatore con il suo flusso melodico costante, facendo appello a svariate istanze fusion, blues, jazz e rock tenute assieme da debordanti variazioni. La ruggente Willie the Pimp” è l’unica canzone non strumentale del disco, il cui testo nacque da un’intervista registrata a New York di Frank, Annie Zannas e Cynthia Dobson, che sarebbe stata pubblicata anni dopo e che viene qui cantata da Don Van Vliet alias Captain Beefheart: il rapporto tra questi e Frank Zappa era ormai logoro, ed il giorno prima della registrazione Don raccontò all’amico di avere bruciato tutti i suoi testi in un momento di sconforto ma, nonostante le differenze caratteriali, Frank stimava molto Don ed il suo gesto lo rattristó parecchio. Il compulsivo e tagliente violino di Don “Sugarcane” Harris sottolinea inizialmente il pezzo, accompagnato da una furente linea di basso e dal superbo drumming di John Guerin, fino a quando le capacità di Zappa vengono portate alla ribalta con un grintoso assolo di chitarra, a volte raccogliendo le emozioni del violino prima di lanciarsi in turbinii maniacali: in aggiunta a queste caratteristiche, Captain Beefheart fornisce una breve e divertente parte vocale, completa di stridori generali e di un testo sarcastico (il titolo Hot Rats viene proprio da questa canzone). Dal blues al jazz il passo è breve: la dissacrante “Son of Mr. Green Genes” è un brano strumentale scalfito da un altro assolo terrificante di Frank, oltre che da alcuni xilofoni e dall’arsenale del poliedrico Underwood, a cui è data la possibilità di mostrare il suo talento multi-strumentale. La traccia utilizza il tema della canzone “Mr. Green Genes” presente sull’album di Zappa coi Mothers of Invention, Uncle Meat: il motivo è, naturalmente, suonato con una strumentazione diversa ed organizzato differentemente, ma rimane comunque abbastanza fedele all’originale. Una curiosità: il titolo insolito di questa canzone si connette ad una leggenda metropolitana secondo la quale Frank Zappa era legato al personaggio Mr. Green Jeans dallo show televisivo “Captain Kangaroo”.

Il rovescio della medaglia nel lato B si apre con il jazz lillipuziano di “Little Umbrellas“, in cui pianoforte, vibrafono, clarinetto, organo e sassofoni copulano in un delizioso pezzo al limite del fusion, variando da accordi tesi e nervosi alla colonna sonora di Super Mario e così, in seguito, dalla canzone più breve (3”) passiamo direttamente alla composizione più lunga (13″), alias The Gumbo Variations“, che mette ancora in luce le sorprendenti capacità di Zappa, il quale spiega senza bisogno di parole la direzione che ha voluto prendere con la sua musica, abbattendo ogni barriera ed etichetta, fondendo insieme rock, R&B, musica classica e jazz in un’unica esecuzione. L’album si chiude con “It Must Be a Camel“, ed il sipario cala lentamente con un pezzo più sperimentale ed improvvisativo, organizzato con numerosi fiati e tastiere: il suo moto ritmico è molto altalenante, compiendo spesso grandi salti melodici, ed il titolo può venire dal fatto che questi “impeti” assomiglino a delle “gobbe” quando vengono scritti sulla carta. La registrazione contiene, inoltre, una brillante performance al violino di Jean-Luc Ponty, che verso la fine tiene diabolicamente in pugno la melodia. 

Bisogna sottolineare che esistono versioni molto differenti del disco, e dal mio punto di vista è consigliabile il vinile, o al massimo il CD edito nel 2012 per la Universal. Hot Rats è indubbiamente una delle vacche (o, dato il titolo, sarebbe meglio dire pantegane!) sacre di Frank Zappa: il suo suono è impeccabile, una miscela di jazz e avanguardia molto leggera e coinvolgente, mentre la produzione risulta sorprendente considerato che l’album è stato registrato nel 1969 ed ancora una volta Zappa ha dimostrato di essere un produttore acuto, oltre che un geniale compositore e musicista. Per tutti questi motivi, Hot Rats è un disco terribilmente unico, anche tra la musica dello stesso Frank Zappa, che si erge come uno dei più grandi album della storia jazz-rock di tutti i tempi.

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