Giorgio Gaber – La mia generazione ha perso

Chi è Giorgio Gaber? “Giorgio Gaber è l’ultimo intellettuale viscerale, l’ultimo anticonformista integrale, l’ultimo agguato alle nostre coscienze assopite, ai nostri sogni rattrappiti” lo definisce così Giulio Casale.

Secondo me, Giorgio Gaber è semplicemente l’ultimo intellettuale. Punto.
Il signor G dovrebbe sostituire Walt Disney nell’infanzia di ogni bambino ed accompagnarlo progressivamente in tutte le stanze dell’esistenza. E vi dirò di più, magari esagerando e confluendo in una bestemmiante iperbole (correrò questo retorico rischio): volendo fornire un’antipatica equazione matematica vi dirò che Giorgio Gaber sta all’Uomo come la Sunna sta al musulmano. La sua opera può, a buon diritto, essere considerata un prolifico codice di comportamento!La mia generazione ha perso - Giorgio Gaber

Questo è l’ultimo album in studio prima della malattia che ha portato via il super-uomo nietzscheiano di Milano, è l’ultima impetuosa cannonata di “pessimistico ottimismo” scagliata per risvegliare la coscienza popolare asfissiata dai finti ideali del circolo vizioso – consumista. E’ l’incessante tentativo di colorare la monocromia del conformismo che maschera e ricopre il mondo reale col manto delle masse. E’ un album scritto col cuore, come del resto ogni pezzo partorito dall’anima di Gaber, quell’uomo sempre sorridente dal naso pronunciato che ripudiava la televisione e massacrava verbalmente i giornalisti (si ascolti a titolo d’esempio “io se fossi Dio“). Sintetizzando, l’ennesimo disco profetico del signor G in compagnia dell’inseparabile Sandro Luporini, con cui non giocava a nascondino con le parole, ma le lanciava al mondo come proiettili dalle potenzialità salvifiche (parafrasando Gaber: un po’ come la guerra intesa dagli americani!).

L’album si apre con “Si può“, un mantra oltre che un titolo/sommario di quella che è la poetica gaberiana. Questa canzone parla della libertà che l’uomo è in grado accarezzare, trattata con la sua classica irriverenza costruttiva, denunciando tutte le finte rivoluzioni che l’uomo quotidianamente crede di fare ma che, in realtà, esso subisce (“l’unica rivoluzione che noi abbiamo fatto ha un difetto: è la rivoluzione della Coca-Cola!“). Un appello a dirottare la voglia di rinnovamento sull’uomo e sulle cose davvero utili.
Verso il terzo millennio” è un componimento acustico, un ipotetico dialogo con l’uomo smarrito e travolto dalla scienza, ma lontano dalla Verità e dal senso della vita.  Gaber fornisce un quadro della società neofita del nuovo millennio, di quella civiltà perduta ma non irreparabilmente sconfitta perchè non è mai finita che tutto quel che accade fa parte della vita“.
Il conformista” è il classico prototipo di impertinenza gaberiana servita con un contorno di cultura a beffarsi del qualunquismo esistenziale, che ormai integra a livello molecolare l’atmosfera. “Quando sarò capace d’amare” è la più bella canzone d’amore all’italiana. Ogni parola per descriverla sarebbe sacrilega: satura quella vacuità sentimentale che va assai di moda.

La razza in estinzione” ratifica uno dei testamenti spirituali di Gaber, amareggiato e deluso dalla cultura per le masse, dall’arrivismo, dall’ignoranza truccata di istruzione, della democrazia servita in pillole di utopia, dalla demagogia, dall’intellettuale-coglione, dalla potenza delle multinazionali … un condensato di tutti gli argomenti trattati da Gaber nella sua opera teatrale e musicale, qui enunciati con un pizzico di disillusione che risuona come un monito severo ai posteri. Se il cielo potesse tatuarsi una canzone e le stelle sapessero cantare, la sinfonia risuonerebbe così.
La “Canzone dell’Appartenenza” è un manifesto di speranza per un mondo migliore, un pezzo che presenta un chiasmo tra la delicatezza della melodia che accompagna Gaber e le sue stesse parole dal sapore decisamente forte: “io non pretendo il mondo intero, vorrei soltanto un luogo un posto più sincero dove magari un giorno molto presto io finalmente possa dire questo è il mio posto“. Scritta anteriormente, si rispecchia nella “Canzone della non-appartenenza“, in questo disco non raccolta.
Il potere dei più buoni” ci delizia col suo sound ibernato nel passato e una burla al presente (e futuro) perbenismo che crea audience (“è il potere dei più buoni costruito sulle tragedie e sulle frustrazioni, è il potere dei più buoni che un domani può venir buono per le elezioni“). Un poema sempre recente!

Un uomo e una donna” nasce dall’esigenza di semplificarsi e di svincolarsi dal gioco del prestigio che puntualmente ci avvolge tramite il “riparlare del mondo non più come condanna ma cominciando da noi: un uomo e una donna“, ovvero partendo dall’amore come radice dell’albero vitale che soltanto così può dare i suoi frutti non geneticamente modificati dalla società globalizzata.
Destra-Sinistra” non ha bisogno di presentazioni: la politica perde sempre più di significato, fino a ridursi al bipolarismo destra-sinistra oramai basato su idee che sanno di pretesti. Ci pensa l’ironia gaberiana a caricarli di nuovo senso! Quando si parla di politica, mai rifiutare una sana risata (“non si sa se la fortuna sia di destra… la sfiga è sempre di sinistra!“). Immortale!
Il Desiderio” parla, appunto, della volontà come unica strada e della sua assenza come sola colpa al regresso, “è l’unico motore che muove il mondo“, come a dire che la chiave per accedere ad un mondo migliore siamo noi stessi. “L’obeso“, secondo il mio modesto parere, rappresenta lo stendardo di ogni diversità, ma credo che il significato sia da ricercare individualmente. A voi la scelta!
Qualcuno era comunista” è un’opera teatrale che non lascia indifferenti e vi strapperà amare risate sulla politica, in un crescendo di durezza che culmina nell’urlante “qualcuno era comunista perchè lo stato peggio che da noi, solo in Uganda!“. L’ennesima capsula d’attualità che fa riflettere e capire come, al giorno d’oggi, il significato non è da ricercarsi nella politica ma nel riscattarsi da questo gioco di finte promesse, fino a raggiungere una dimensione di verità tangibili e reali, dove i protagonisti siamo, nel bene e nel male, noi stessi: Noi come persone, non come burattini nelle mani della società con i fili consistenti in promesse e progressi a tenerci fermi ma, dagli occhi della scienza, sempre in movimento.

Al giorno d’oggi c’è bisogno di Giorgio Gaber e di cuori, più che orecchie, ad accoglierlo… Quindi, buon ascolto/riflessione!

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