Gong – Camembert Electrique

Tutto iniziò con la separazione forzata di Daevid Allen dai suoi Soft Machine per questioni burocratiche: nell’estate del 1969, respinto alla frontiera, il “follletto” australiano rientrò a Parigi per firmare un contratto di tre album per la neonata etichetta Byg di Jean Karakos, il cui primo atto fu Magick Brother (1970), uscito a nome Allen/Smyth/Gong, la cui leggenda narra sia stato registrato sul canale audio di una telecamera ed in cui fu inciso il primo messaggio inviato dal pianeta Gong (“Gong Song”). Nel febbraio del 1971 vennero invece rilasciati Banana Moon (di fatto, un album solista di Allen) e Obsolete (in cui i Gong suonarono con Dashiell Hedayat) ma fu con il terzo LP, Camembert Electrique, uscito nell’ottobre dello stesso anno, che la musica dei Gong prese finalmente la sua piega definitiva: dopo il tour promozionale con l’amico Kevin Ayers, la band di Allen accese infine l’interesse discografico della Virgin nei loro confronti.

La voracità psichedelica di questo terzo disco dal titolo “formaggesco” venne alimentata da una mistica formazione contrassegnata, oltre che dalla coppia dei frontman Daevid Allen (alias “Bert Camembert“) e della sua compagna Gilli Smyth (“Shakti Yoni“), anche dal bassista Christian Tritsch (“Submarine Captain“), dal sassofonista Didier Malherbe (“Bloomdido Bad De Grass”) e dal batterista Pip Pyle, che lascerà la band a pochi mesi dalle registrazioni. Furono accreditati come ospiti il tastierista Eddy Louiss, il produttore esecutivo Jean Karako (“Byg Jean Kastro Kornflakes“), il tecnico del suono Francis Linon (“Venux De Luxe“) ed infine il piccolo Sam Ellidge, figlio di Robert Ellidge-Wyatt, nato nel 1966 quando il padre era appena ventenne e perciò venne cresciuto, oltre che da Robert, la compagna Pamela e la madre Honor, anche da Pip Pyle nella comunitcover_287523112010à dei Gong (divenne infatti il suo patrigno quando si legó a Pamela). 

L’album venne registrato nei dintorni di Parigi, nel Castello di Hérouville (uno degli studi più famosi dell’intera Francia), prodotto da Pierre Lattès e rilasciato con la curiosa copertina disegnata da Daevid Allen, raffigurante il capo dei Pot Head Pixies con il sottotitolo “Dal pianeta Gong“. Nel 1974, al momento della sua uscita nel mercato inglese, Camembert Electrique venne venduto per meno di un quarto del prezzo canonico di un vinile, un piano originariamente ideato dalla Virgin per promuovere The Tapes Faust dei Faust, ed esporre così la band tedesca ad un pubblico molto più ampio e generoso.

Dopo un avvio un po’ inquietante, ovvero l’emissione radiofonica del pianeta Gong di “Radio Gnome Invisible“, l’album ha il suo primo vero slancio con “You Can’t Kill Me“, in cui l’ascoltatore viene trasportato in un nuovo emozionante mondo di eccentricità cosmiche, in cui Allen canta un testo beffardo (“You can kill my father, you can kill my son, you can kill my children with a gun, you can kill my family, my family tree, you can kill my body, baby, you can kill my body, baby, but you can’t kill me“) sopra i gemiti risonanti di Gilli Smyth – della serie: quando la tragedia shakesperiana fa il nido nella mente psicotica di Charles Manson! Questa seconda traccia offre una presentazione piuttosto fedele all’album, tra galattici loop e rumori spaziali, mentre sotto questa celestiale coltre la chitarra di Allen rivela un atteggiamento quasi punk-rock per la sua sfrontatezza, rimarcata dal sassofono sovversivo di Didier Malherbe e dai tempi dispari di Pip Pyle, entrambi in rapida e perenne transizione ritmica. Altrove, nell’opera spazial-clericale di “I’ve Bin Stone Before“, sopra l’organo di Eddy Louiss si dipana la nenia funerea di Daevid Allen (“I’ve been stoned before in Saint John’s Wood crematorium I fell down with boredom Knee deep in the snow“) mentre successivamente l’occulta mini-suite di “Mister Long Shanks / O Mother / I Am Your Fantasy” sembra passare schizofrenicamente da un allegro carnevale jazz-rock al giro di boa dell’erotismo di Gilli Smyth, che persiste poi nell’alienante “Dynamite / I Am Your Animal“, dove la bella compagna di Allen sussurra lasciva come al suo solito (“I am your animal watching your head, I have been following you, walking behind you, sleeping with you, getting into your bed…“), in un pezzo che si conclude infine nel frammentario sbarramento vocale di Daevid che follemente “lecca la luna”.

Le tre seguenti brevi tracce passano come uno stravagante medley (“Wet Cheese Delirium“, “Squeezing Sponges Over Policemen’s Heads” e “Fohat Digs Holes in Space“), in uno space-rock completamente fuori da questo universo, con uno dei grandi momenti di Allen che, assieme al glissando della sua chitarra, interroga sardonico lo specchio come la Strega di Biancaneve: “Well, mirror, mirror on the wall, who’s the biggest fool of all, hallucinating freedom calls, what’s freedom babe? You don’t know!“. Il brano più celebre del disco è sicuramente And You Tried So Hard“, un componimento pop altamente melodico, in cui la chitarra solista viene suonata da un inedito Christian Tritsch, mentre l’ordine si converte presto nel caos nella conturbante “Tropical Fish / Selene“, che risuona quasi come uno dei primi album dei Van der Graaf Generator, in particolare per i motivi dettati freneticamente dal sax. Questa composizione jazz è il pezzo più coinvolgente ed intricato di questo terzo lavoro in studio, dove la band si muove strettamente attraverso diversi movimenti progressivi punteggiati dai bisbigli orgasmici di Gilli Smyth e dal raddoppiamento delle melodie di chitarra e sax, su cui appare il miraggio della Dea lunare “Selene”. In conclusione, la Radio Gnome torna a salutare il pianeta Terra con “Gnome the Second” solo per ricordare che la comunicazione non è terminata, ma è soltanto all’inizio.

Camembert Electrique ha i difetti d’ingenuità degli album di transizione, tuttavia rimane un disco interessante che, oltre ad essere connesso alla psichedelia degli anni Sessanta, dirama i suoi tentacoli in un inedito space-rock guarnito di tutte le anacronistiche assurdità dei Gong e dell’umorismo per cui la scena di Canterbury é diventata nota: se si ascoltano le poche registrazioni dei Wilde Flowers e quelle dei Soft Machine con Daevid Allen ancora nella band, è possibile rintracciare alcuni dei riff usati in questo album, rinfrescati dall’aggiunta dei sussurri libidinosi di Gilli Smyth e dal sax dissennato di Didier Malherbe. Anche se la mitologia Gong non viene qui delineata in forma definitiva, alcuni temi hanno creato le premesse per la Trilogia di Radio Gnome Invisible degli anni a venire, riuscendo peraltro ad inserire le origini free-jazz della band senza manierismi, canalizzandole da un’idea all’altra in brevi sezioni: lstile dei Gong in questo disco verrà certamente emulato delle future generazioni canterburiane e non solo, ma è anche doveroso sottolineare come i contatti di Daevid Allen con Robert Wyatt e Kevin Ayers abbiano creato un reciproco arricchimento, ed il suo humour ha ovviamente saputo catalizzare tutta la musicalità originale e lo spirito di insubordinazione prevalente nella maggior parte dei lavori della scena di Canterbury.

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