Keef Hartley Band – The Battle of North West Six

Il batterista Keef Hartley nacque nel 1944 nel Lancashire, ma appena diciottenne si trasferì a Liverpool dove mosse i primi passi con i Rory Storm and The Hurricanes (in cui sostituì Ringo Starr), per poi passare ai londinesi Artwoods di Art Wood, fratello del più noto Ronnie degli Stones, nella cui line-up figurava anche il futuro leader dei Deep Purple, Jon Lord. La sua iniziazione al Blues avvenne dapprima con Champion Jack Dupree (nell’album New Orleans to Chicago) poi coi Bluesbreakers di John Mayall, con cui costruì una solida amicizia grazie soprattutto all’amore comune per la cultura dei pellerossa; nel 1968 Keef Hartley abbandonò in modo polemico la band, ed alla fine dello stesso anno partecipò al progetto discografico di Friends and Angels con Martha Velez, Eric Clapton, Jack Bruce, Stan Webb e Christine Perfect. Nel 1969 nacque ufficialmente la Keef Hartley Band con il sassofonista Chris Mercer (Bluesbreakers), il bassista Gary Thain (un turnista della Blue Horizon), i chitarristi Miller Anderson e Spit James, il tastierista Peter Dines ed una formidabile sezione di fiati condotta da Henry Lowther. Il primo album pubblicato fu Halfbreed (1969, Deram), racchiuso in una copertina che esprimeva tutta l’ammirazione di Keef Hartley per i nativi americani, un disco accolto molto favorevolmente dalla critica che lanciò la band sull’orlo del successo, culminato con l’invito dalla Decca a partecipare al Festival di Woodstock.
Il secondo album, The BattleKeefHartleyBattleNW6 of North West Six, uscì nel 1969, con un titolo facente riferimento al contenzioso con il management della Decca (“madre” della Deram), accusata di mancare di tecnologia appropriata (gli studi dell’etichetta si trovavano a Londra, nel quartiere di West Hampstead, sulla Sherriff Rd, NW6 – da qui il gioco di parole). Come i Colosseum ed i Blood, Sweat and Tears, anche la band di Hartley stava allora mescolando il jazz, il blues ed il rock, per creare un suono del tutto peculiare ed unico: la canzone d’autore venne affrontata in diversi modi, ma finì anche per essere parte dominante della commissione melodica nella maggior parte dei casi.

A giudicare dalle vaste note di copertina, l’album venne contrassegnato da una grossa fetta di materiale registrato in precedenza ed accantonato, per essere qui rielaborato in diverse tracce caratterizzate da un grande potenziale radiofonico. Dando un occhio ai crediti delle canzoni, il nome di “Hewitson” appare sulla maggior parte dei brani insieme a molti altri della band – questo non è altro che lo pseudonimo di Miller Anderson, che si firmò per questioni contrattuali con il nome da nubile della moglie, ma forse il dato più strano di questo secondo lavoro è il fatto che Keef Hartley sia stato in gran parte relegato in secondo piano: ad eccezione della sezione ritmica in coppia con l’eccellente basso di Gary Thain ed un paio di brevi assoli, non vi sono esposizioni inutili di strumenti percussivi come nel disco di esordio.

La suite strumentale di apertura, “The Dansette Kid / Hartley Jam for Bread“, mette in in luce il chitarrista Spit Jones, mentre la ballata venata di jazz di “Don’t Give Up si caratterizza principalmente per un potenziale commerciale più spiccato e per il dolce flicorno di Harry Beckett. La successiva Me and My Woman” è un’altra solida vetrina per la voce di Miller Anderson nei territori più puri del blues, salvo il pesante arrangiamento dei fiati di Henry Lowther: si tratta dell’unica cover presente nel disco (scritta da Gene Barge ed interpretata originariamente da Little Joe Blue) guidata delle linee di basso di Gary Thain, in sessione con un gran numero di musicisti organizzati così simbioticamente che risulta incredibile pensare che l’intero album sia stato registrato in un periodo di sole due settimane. La graziosa Hickory” offre un cocktail jazz strumentale ed analcolico nello stile di Herbie Mann, col tema principale del flauto condotto da Ray Rarleigh e dal controcanto dei sassofoni di Lynn Dobson e Barbara Thompson (moglie di Jon Hiseman dei Colosseum), in un attimo di respiro musicale prima dell’esplosione di Don’t Be Afraid“, sicuramente il pezzo clou dell’album, dove ancora una volta i riflettori puntano dritti sulla voce di Anderson, mentre James contribuisce con quello che è forse il migliore assolo di chitarra del disco. “Not Foolish, Not Wise” prosegue le tendenze della traccia precedente, avanzando in un mix senza volto di hard-rock e jazz, connotato, oltre che dal lavoro delle chitarre, dal sax di Jim Jewell e dalla batteria di Keef Hartley, mentre la celestiale Waiting Around” dimostra la duttilità e l’originalità delle composizioni della band, in una melodia pop con un tocco di Motown sorprendentemente orecchiabile ed efficace. Tadpole” si ritaglia una fetta convenzionale di blues a 12 misure, in una jam-session strumentale dominata dal nuovo tastierista Mick Weaver, Jim Jewell e Spit James, con proprio quest’ultimo che nel country-rock di Poor Mabel (You’re Just Like Me)” trova modo di sfoggiare la sua abilità alla slide guitar, con gli innesti infuocati di flicorno ed armonica, in una canzone senza infamia nè gloria, da ricordare più per il singolare testo che per la composizione strumentale abbastanza sottotono. Si chiude col botto in una delle canzoni più interessanti del disco, la struggente Believe In You“, in cui spicca l’innesto del chitarrista dei Rolling Stones Mick Taylor (con cui Hartley aveva suonato nei Bluesbreakers e col quale condivideva un appartamento in quel periodo) ed il violino fatato di Henry Lowther.

Dopo questo album e con il forte contributo del pianoforte di Mick Weaver, la Keef Hartley Band pubblicherà The Time is Near… (1970, Deram), sicuramente il culmine della carriera del gruppo, che subirà poi un repentino tracollo nel quarto lavoro, Overdog (1971, Deram), con un blues del tutto annacquato a favore di un rock manierista e privo di spessore. Nel 1972 l’abbandono di Miller Anderson segnerà il fondo della parabola discendente della Keef Hartley Band, destinata ad essere scossa dalla critica sempre più ingiuriosa e dal suicidio dell’amico di lunga data di Keef Hartley, Rory Storm, che getteranno il batterista in una profonda crisi. Solo gli obblighi contrattuali con la Deram fecero tornare in studio la band che, nello stesso anno, pubblicò il disco Seventy Second Brave, l’ultimo capitolo di una breve ma gloriosa storia che risentì di una vistosa perdita di direzione artistica.

The Battle of North West Six, registrato poco dopo il debutto mozzafiato di Halfbreed, vantó un totale di ben 14 musicisti coinvolti nella registrazione ed è sicuramente uno dei migliori album blues-rock mai registrati in Gran Bretagna, in cui la batteria sensibile di Keef Hartley guida la musica attraverso una serie di brani straordinariamente ben scritti e superbamente organizzati dalla copiosa sezione di fiati di Henry Lowther. Insomma, questo disco, nonostante la lotta virtuale in corso contro la Decca, appare come un paradiso di spunti per ogni fan del caro vecchio Blues, ma anche gli appassionati di jazz-rock troveranno tutto ciò di cui hanno bisogno per renderli felici.

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