Kevin Ayers – Whatevershebringswesing

Dopo il secondo album, Shooting at the Moon, Kevin Ayers sciolse i Whole World, in seguito alle fatiche del tour promozionale; all’inizio del 1971 si unì ai Gong dell’amico Daevid Allen per alcuni concerti in Francia, per poi far ritorno in Inghilterra a completare il progetto per il terzo album: Whatevershebringswesing venne rilasciato nel gennaio 1972 per la Harvest, confezionato dalla bella copertina di Adrian Boot.
A dare una mano a Kevin ci furono l’oramai inseparabile David Bedford, nelle vesti di arrangiatore e tastierista ed il chitarrista factotum Mike Oldfield (entrambi dalla precedente formazione), mentre allo sgabello della batteria sedette l’ex EastMI0001560934 of Eden Dave Dufort, con William Murray che lo sostituì in tre tracce. Il sassofonista Lol Coxhill, impegnato in diversi progetti, non partecipò all’album ma fu degnamente sostituito dal membro dei Gong, Didier Malherbe.

Questo LP è costituito da due lati di quattro brani ciascuno, in cui ogni parte ha inizio con una traccia più lunga, di 7/8 minuti di esecuzione, che viene supportata da tre brani più brevi.  

There is Loving/Amongst Us/There is Loving” è una mini-suite in 7 minuti, il cui tema introduttivo viene estrapolato con le pinze da un 45 giri del 1970 di Ayers (“Butterfly Dance”, suo secondo singolo) e presenta un tripudio di suoni orchestrali che si depositano nell’anticamera psichedelica delle sue riflessioni filosofiche (una combinazione che Ayers avrebbe maggiormente sviluppato in The Confessions of Dr. Dreamqualche anno più tardi). Da sottolineare indubbiamente il contributo di Didier Malherbe al sassofono in una traccia che di per sè non è particolarmente orecchiabile, richiedendo una discreta attenzione all’ascolto ma che risulta mentalmente gratificante.
La romantica “Margaret” vede la partecipazione del violino di Johnny Van Derrick, sopra al quale un intimo Kevin Ayers canta contrappuntato da un lussureggiante pianoforte. La grazia da cui siamo stati ammaliati viene brutalmente ostruita con la successiva “Oh My“, una melodia jazz in completo stile New Orleans, divertente di certo ma del tutto fuori luogo dopo le prime due canzoni: ma questo è Kevin Ayers, cadute del genere sono tutto sommato prevedibili! La seguente Song From The Bottom Of A Well” è un esperimento poliritmico in studio che suona esattamente come indicato dal titolo, con la voce cavernosa di Ayers che sembra risalire dagli abissi: un brano squilibrato che avrebbe potuto non sfigurare nel primo album dei Soft Machine (si sente quasi l’eco di “Why Are We Sleeping?” nella sua sensuale follia). 
Il secondo lato del vinile inizia con la title track “Whatevershebringswesing“, in un morbido swing in cui spicca indubbiamente la presenza di Robert Wyatt alla voce: si tratta di un inno cordiale all’amicizia, in cui Ayers è affiancato dal vecchio amico e collega dei Soft Machine nell’indimenticabile ritornello: “So let’s drink some wine and have a good time but if you really want to come through let the good times have you“; la voce profonda di Ayers si arena dolcemente negli acuti di Wyatt, con alcune voci di fondo femminili che affievoliscono la marea. Dal punto di vista strumentale svetta l’assolo di chitarra prolungato di Mike Oldfield, che anche in questo pezzo porta il suo significativo apporto.
La trascinante “Stranger In Blue Suede Shoes” calza il tributo di Tony Carr alla batteria, in quello che è uno dei più grandi successi di Ayers (se “successi” si possono definire – rido amaramente!). Una grande canzone in stile vecchio rock’n roll, dotata di un testo che racconta una buona storia, accompagnato da alcune performance brillanti (soprattutto del piano) e dagli effetti vocali che ben si adattano al testo della canzone (“I’m tired of cheating, and wasting my head and filling the boss’s bags with bread. I want to get out in the sun and rain and feel the wind on on skin again; The world is large, and I’ve got time yet. And, by the way, thanks for that cigarette.Thank you very much“).
La festa mobile di “Champagne Cowboy Blues” è un altro brano inzuppato nel western rock, con un ritmo piacevole delle percussioni. Una curiosità: alle voci di festa si sovrappone un cameo di pochi secondi di una traccia del primo album, “Joy of a Toy Continued”. Inoltre, questa canzone nacque in maniera curiosa: in una delle sessioni di registrazione ad Abbey Road, Mike Oldfield era arrivato come al solito in largo anticipo e si mise a comporre un brano includendo tutto il personale dello studio, stendendone pure il testo; Ayers rimase contrariato dalla sua composizione, non essendo stato interpellato, ma decise comunque di tenerne la base e cambiarne le parole. La breve strumentale “Lullaby” chiude questo terzo disco, con una liquida ninnananna per flauto e pianoforte, eseguita da nientepopodimeno che Didier Malherbe, alias Bloomdido Bad de Grasse.

E con questa nenia notturna siamo giunti al termine. Come sempre, ho analizzato l’album nella sua ripartizione originale, ma sarei negligente a non menzionare l’edizione remastered, dove sono presenti alcune buone tracce su cui si innalza “Fake Mexican Tourist Blues“, con ancora il contributo del sassofonista dei Gong in primo piano. 

A seguito di questo album, Ayers decise di andare in tour proprio col gruppo di Daevid Allen, anche pensando di unirsi a loro (cosa che però non accadde); sempre a caccia di una band stabile, fondó nel 1973 gli Archibald con il bassista Archie Leggett (presentatogli da Allen), un duo che poi sarà destinato a confluire nei Decadence col batterista Eddie Sparrow ed il chitarrista Steve Hillage (Gong, Uriel, Arzachel, Khan). L’ultimo album del primo periodo Harvest è Bananamour (con un titolo-tributo alla banana, emblema della sua musica), in cui collaborarono anche gli amici Wyatt, Ratledge e Bedford – mancò all’appello soltanto Oldfield che in quel periodo stava flirtando inconsciamente con la storia, forgiando le Tubular Bells.

Kevin Ayers nelle sue canzoni non trattò mai la solitudine, la depressione o qualsiasi altra angoscia mentale, a lui bastava vedere le cose positive della vita, che si trattasse di un bicchiere di vino, del buon cibo, di un po’ di relax sulla spiaggia o di una bella donna. Non ci sono mattoni nel muro di Kevin Ayers, per fare un paragone azzardato con Roger Waters, ma solo una grande porta spalancata! Anche in questo album l’irregolarità qualitativa delle tracce dimostra come il pigro Ayers non abbia mai approfondito del tutto il suo talento, e così sarà ricordato, come un dandy che si faceva la moglie del maestro John Cale il giorno prima del concerto in cui avrebbero suonato insieme (poi inciso su disco: June 1st 1974Ayers, Cale, Eno, Nico).

Kevin Ayers morì due anni fa, si dice nel sonno, nella sua casa a Montolieu, il piccolo villaggio in Linguadoca dove si era rifugiato negli ultimi quindici anni dopo lo shock per la morte dell’amico Ollie Halsall. Accanto a lui fu ritrovato uno strano biglietto con scritto “You can’t shine if you don’t burn“, forse una nota per una canzone, forse un addio, ancora le circostanze non sono state chiarite. Quello che è certo è che  Ayers fu uno degli artisti più genuini e coerenti della musica, e probabilmente la più sincera canzone per l’amico Syd Barrett, a dispetto dell’eterea “Shine on You Crazy Diamond”, la scrisse proprio lui con “Oh! Wot A Dream”.

The bugger in the short sleeves“: ecco a voi – simpaticamente ricordato da un cornuto John Cale nella sua “Guts” – il bohemien con la sindrome di Peter Pan e delle perenni maniche corte spiaggerecce: Kevin Ayers!

Precedente Rocky's Filj - Storie di Uomini e Non Successivo The Nice - The Thoughts of Emerlist Davjack