King Crimson – Beat

Beat è il viaggio dantesco, il beat è Cristo, il beat è Ivan, il beat è qualunque uomo, qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato
(Gregory Corso)

Beat: è il beat da tenere, è il beat del cuore, è l’essere beat e malmessi al mondo…
(Jack Kerouac)

Breve preambolo: mi pare doveroso iniziare questa recensione riportando alcune esemplificative parole di Gregory Corso e Jack Kerouac, due dei capisaldi di questo “movimento culturale” (anche se, personalmente, opterei piuttosto per parlarne a proposito di una ‘scelta di vita’: è un ‘movimento’ soltanto perchè a ritmo di jazz questi autori non si sono mai fermati, in costante ricerca di se stessi; inoltre, lo scopo non è tanto l’approdo ad un molo culturale, quanto piuttosto il dispersione nell’oceano dell’istante e l’emancipazione dai clichè monocromi derivanti della società).

Definito sommariamente cosa rappresBeat- King Crimsonenta il termine ‘beat‘, puntiamo il nostro faro cerebrale sull’omonimo album dei King Crimson, Beat appunto, capitanati dal mitologico Robert Fripp (il Re Cremisi per eccellenza!) che assieme a una rimaneggiata formazione con Adrian Belew (chitarra, voce), Tony Levin (organo) e Bill Bruford (batteria) va ad omaggiare autori sempiterni come Kerouac e Ginsberg .
Questo disco, uscito nel 1982 per la EG Records, funge da collante in una trilogia avviata con Discipline e ultimata con Three of a Perfect Pair (che non solo termina questo triangolo discografico ma scioglie la band per una decina d’anni). Il tema dominante nel cuore di questo trittico, come si può ben evincere dal titolo, è il viaggio, con tutte le emozioni e gli incontri che esso comporta.
Le influenze? I King Crimson assomigliano solamente a se stessi… Si può dire che Beat prosegua Discipline senza ricalcarlo.

La prima traccia è la più esplicita: “Neal Jack and me” – il Neal di cui si parla è Neal Cassady, storico compagno di viaggio di Jack (Kerouac) in una canzone che rende bene lo spirito on the road come dialettica alla libertà. In una parola: irrefrenabile!
La sincopata “Heartbeat“, scritta da Belew con consorte, è un’avvincente canzone d’amore, contrassegnata da percussioni a simboleggiare un battito cardiaco (“I need to feel your heartbeat, heartbeat… so close, it feels like mine!“); rappresenta l’unico video dei King Crimson e probabilmente una delle canzoni più accessibili a tutta la plebe! Discorso pressochè simile per “Two hands“, anch’essa scritta dai coniugi Belew ma dove l’ago della bilancia punta decisamente più sul jazz-fusion.

L’esotica “Sartori in Tangier” è un probabile riferimento a Burroughs (“Il pasto nudo“) dove in una foresta strumentale ci imbattiamo in un selvaggio Fripp e in un Levin sopraffine. La seguente “The waiting man“, a mio avviso, è la miglior traccia dell’album, una canzone quasi atipica per i King Crimson che si fanno arabeggianti con percussioni ambientaliste a sfiorare un sound alla Brian Eno e qualche sensazione etilica a farti vagabondare la mente.
Neurotica” prende invece il suo nome dalla rivista degli scrittori beat, qui evocata in un sound modernista e d’atmosfera urbana, a cui fa seguito “The howler“, d’ispirazione ginsbergiana (si veda il noto “urlo“) è una canzone cervellotica, forse non la migliore dell’album ma che ben rappresenta lo sperimentalismo ‘frippiano’.
La conclusiva “Requiem” è la pecora nera dell’album per la sua anomalia stilistica (forse più consona a gruppi come i Throbbing Gristle che ai King Crimson!), che esordisce con un assolo distorto dando il via ad una festa l industrial e lievemente tetra.

Probabilmente non è un album che raggiunge i livelli epici di In the court of the King Crimson  (ricordiamo anche il cambio di produzione e di formazione ma soprattutto l’inizio di una nuova stagione, quella degli anni Ottanta!) ma Beat è consigliato a chi sogna ancora, perdendosi tra le pagine della beat generation e assaporando un po’ di libertà. Ma soprattutto a chi ancora non conosce i King Crimson ma vuole avvicinarsi a piccoli passi, il cui capitano Robert Fripp ha un ruolo di punta nell’Olimpo del progressive rock.

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