Le Orme – Felona e Sorona

Il 5 aprile 1973 fu un giorno da ricordare per Le Orme: contemporaneamente alla ricezione del disco d’oro per le vendite di Uomo di Pezza, il gruppo veneto presentò il nuovo album edito dalla Philips, registrato nel gennaio e febbraio precedenti negli studi Fonorama di Milano, con la produzione precisa di Gian Piero Reverberi. L’idea di fondo di Felona e Sorona è quella di un concept-album su due pianeti contrastanti: la copertina dechirichiana tratta dal dipinto dell’artista mantovano Lanfranco Frigeri “I Pianeti del Sogno e della Speranza” illustra in modo chiaro l’atavico contrasto, con le inquietanti figure dall’incarnato bluastro che si stagliano su uno sfondo metafisico; simbolicamente, Felona viene illuminato dal sole e dalla gioia mentre Sorona si trova, al contrario, perennemente nell’oscurità e nella tristezza (il nome deriva proprio dal vocabolo inglese sorrow e fu suggerito dal leader dei Van Der Graaf Generator, Peter Hammill): nonostante le loro ineluttabili differenze, i due pianeti troveranno un fugace momento di incontro, a cui seguirà l’inevitabile caos. Dal punto di vista strumentale, la formazione de Le Orme è ancora schierata nel celebre “power trio” composto da Aldo Tagliapietra (chitarra, basso e voce), Michi Dei Rossi (batteria) e Toni Pagliuca (tastiere), con un grande uso dei synth e dell’organo, inseriti nella voce calda ma monotona di Tagliapietra, nei paradigmi acustici della chitarra e nella batteria croccante e fluente.

L’album prende respiro con “Sospesi nellLe_Orme_-_Felona_e_Sorona‘incredibile“, con una lunga marcia introduttiva a lanciare la voce narrante di Aldo Tagliapietra, che presenta all’ascoltatore i due pianeti antitetici: dove il cielo si nasconde dietro monili di mille stelle, dietro la polvere d’oro di un altro universo, due pianeti in armonia ruotano insieme nel loro regno dove ogni cosa non cambia all’infuori del tempo“. Nello scorrere degli oltre otto minuti abbiamo continue modifiche non solo di tempi, ma anche di umore e di volume, perpetrate in special modo dalla performance sulla tastiera di Toni Pagliuca, con Tagliapietra ed il suo basso circondati da un organo raccapricciante e colmo di dramma, che porta poi la canzone a morire in uno stato d’animo più melodico che ricorda Emerson Lake & Palmer, tra alcuni fuochi d’artificio tastieristici di chiara ispirazione emersoniana.

In “Felona” la musica si fa assolutamente descrittiva, in una festa di campane e tamburi, con un flauto medievale che funge da collante casereccio (“Non ci son segreti nelle sfere trasparenti, si specchiano nell’aria si contagiano la gioia, limpidi e sereni volano i pensieri, le donne e le cicale discorrono d’amore“), mentre nella onirica La solitudine di chi protegge il mondo” tuona la triste voce di Aldo Tagliapietra, circondato da un pianoforte morbido che dipinge la solitudine del Creatore (“anche chi protegge il mondo ne sente il peso se nessuno si rivolge a Lui“). L’equilibrio” è, invece, una miscela arcaica di intimo panico e paesaggi pastorali, un’ottima vetrina alla chimica tra i tre membri della band, con delle linee di basso sinistre tenute sotto controllo dai suoni della tastiera; una traccia vivace, forte, con ancora delle chiare reminiscenze di Emerson Lake and Palmer ed un eccellente drumming di Michi Dei Rossi, che assieme rivelano come l’equilibrio planetario sia tenuto in piedi dalla non-conoscenza reciproca delle due istanze (“C’e’ un grande vuoto fra i due pianeti, ciascuno ignora che l’altro c’è. L’enorme abisso separa i due mondi, ognuno pensa a sè come sa. Sono divisi anche i loro destini: uno non sa la notte, l’altro il giorno, ma l’equilibrio è il fulcro del tempo e si stabilirà prima o poi, quando Sorona dal cielo si illuminerà“).

Un drappeggio spettrale introduce “Sorona“, la storia del pianeta complementare, un tempo felice, ora triste e buio, colto quasi in un grido di disperazione e solitudine (“Vecchie città in oblio, senza giardini, avvolte in intensa nebbia come tra i fili di un baco da seta e la vita non può uscire dal buio“), mentre prosegue la sua strada malinconica Attesa inerte“, lunatica e potente, provocante e seducente, quasi narrata invece di essere cantata, che descrive come gli abitanti di Sorona si riuniscano per pregare per il miracolo, con l’organo religioso che rende l’atmosfera perfetta. La seguente Ritratto di un mattino inizia come un altro brano cupo con gli effetti della tastiera Eminent nel mezzo di un breve assioma rivelatorio (“La felicità non puoi trovarla in te ma nell’amore che agli altri un giorno darai“) finchè la musica, con questa consapevolezza, si trasforma radicalmente in una melodia morbida dal sapore classico.

La mistica “All’infuori del tempo” comincia in maniera acustica, ma presto si uniscono le tastiere e la batteria, descrivendo l’incontro istantaneo tra Sorona e Felona (“In quell’istante due mondi felici vibrano insieme nell’arco del cielo e del dolore non c’è ricordo. Soltanto oggi comincia la vita. Ma mentre ancora esulta Sorona, Felona inizia il lento declino, inesorabile la notte scende e l’equilibrio ben presto finisce“). La musica narra questa situazione perfettamente: la prima parte è pacata e soave, mentre la seconda sezione si rivela più inquietante, con un organo tumultuoso che annuncia il lento declino, incanalato nell‘orgia di tastiere e ritmi frenetici dell’apocalisse finale di “Ritorno al nulla“, che plasma in un brano strumentale il caos verificatosi in seguito alla tanto agognata unione, nell’inversione brutale dei ruoli con Felona che precipita inesorabilmente nel buio, mentre Sorona è inondato finalmente di luce.

Se c’è un album che merita l’appellativo di rock sinfonico a tutto tondo è proprio questo. Dal mio punto di vista, questo disco rimane il capolavoro indiscusso de Le Orme: mentre Uomo di Pezza e Collage sembrano più benevoli e bendisposti, Felona e Sorona entra sottopelle in maniera meno confortevole ma più seducente, pur richiedendo molto più tempo per essere assimilato. Il disco raggiunse inoltre una certa notorietà internazionale, tanto che fu incisa anche una versione inglese (Felona & Sorona), nata dall’incontro del gruppo con il manager della Charisma Tony Stratton-Smith; per la scrittura dei testi venne contattato Peter Hammill (con cui la band aveva suonato in decine di concerti nel 1972), che ebbe non poche difficoltà nelle operazioni di traduzione: in alcuni frangenti la trasposizione rimase abbastanza fedele all’originale, mentre in altri la storia dei due pianeti fu sviluppata da Hammill in piena libertà ed autonomia; seppur non riscuotendo il successo auspicato, questo disco permise alla band di allestire un tour britannico di due settimane nel novembre del 1973, che si concluse con il concerto al celebre Marquee Club di Londra.

Il successivo album, Contrappunti (1974, Philips), chiuse la prima fase progressive del complesso veneto, aprendo le porte ad un periodo di cambiamenti stilistici che alleggerirono di fatto la musicalità de Le Orme: Smogmagica (1975) vide l’inserimento di un chitarrista, Tolo Marton, con risultati più vicini al pop anglosassone, mentre i successivi Verità Nascoste (1976) e Storia o Leggenda (1977) risentirono della mancanza del produttore Riverberi, e sono di fatto due dischi infarciti di citazioni classiche e pop raffinato, ma senza troppa originalità. Il decennio si chiuse con Florian (1979) e Piccola Rapsodia dell’Ape (1980), due buoni lavori che preludono però ad una lunga fase di rarefatta attività discografica destinata a durare fino ai giorni nostri.

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