Neu! – Neu!

Klaus Dinger crebbe nella città di Dusseldorf, suonando in piccole band locali fino all’estate del 1970, quando si unì ai Kraftwerk per registrare il primo LP e coi quali lavorò anche al secondo album; quando Florian Schneider e Ralf Hutter, dopo un momento di pausa, ritornarono insieme, costrinsero i due polistrumentisti Klaus Dinger e Michael Rother a lavorare per conto loro, fondendosi così nella sigla Neu! (“nuovo”), con il punto esclamatico a sottolineare la forza del concetto: la band era stata battezzata con questo nome da Dinger (Rother era all’inizio contrario), che in seguito creò il fortunatissimo logo in corsivo maiuscolo. A proposito di questa grafica, Klaus riferì: “era una protesta contro la società dei consumi, ma anche contro i nostri “colleghi” della scena Krautrock che avevano un gusto completamente diverso, se ne avevano“.416JLtjeA-L

Il primo disco venne registrato in soli quattro giorni nel dicembre del 1971 ai Windrose Studios di Amburgo, con il denaro ricevuto in prestito da amici e parenti, e l’ausilio del guru e tecnico del suono Conny Plank a dare una precisa impronta allo stile del duo: uscito nei primi mesi dei 1972 con una copertina minimale ai limiti dello spoglio (ed il logo della band scritto a mano), con due Polaroid sul retro e le note di copertina redatte da Dave Brock degli Hawkwind, Neu! diverrà negli anni il disco di riferimento della scena elettronica tedesca e, citando Julian Cope, “anche se i Neu! si fossero sciolti poco dopo, avrebbero comunque cambiato il rock“.

Secondo Dinger, i primi due giorni furono improduttivi finché non portó il suo koto (una specie di banjo giapponese); la coppia scelse di non utilizzare nessun testo perché, sempre a detta di Dinger, le parole sono spesso oggetto di dibattito e manipolazione. La musica dei Neu! è la semplicità stessa: essa prende in prestito un modello di rock and roll nudo, mischiandolo ad una concezione sperimentale e visionaria della musica, prelevata soprattutto dalla band preferita del duo, i Velvet Underground. Il ritmo adottato da Klaus Dinger venne battezzato dalla stampa “motorik” (“abilità motorie”) e si tratta di un ripetuto 4/4 con solo qualche interruzione occasionale: l’opener Hallogallo” (un termine slang tedesco che si riferisce alla feste selvagge) chiarisce subito il perchè di questa definizione mediatica, col suo ritmo ridicolmente semplice, le battute metronomiche della batteria, la chitarra di Michael Rother sovraincisa più volte in dieci minuti, il tutto alla deriva dentro e fuori dal mix. L’ascolto è quasi come un assaggio di infinito: la lunga dissolvenza alle due estremità fa quasi pensare che la canzone stia perennemente suonando in qualche universo parallelo, tra tamburi stretti, il funky della chitarra, una linea di basso freddamente insistente ed il synth tornato direttamente dal futuro. 

Passerebbe benissimo per una canzone dei primi Kraftwerk anche “Sonderangebot” (“offerta speciale”), proseguendo su questa strada di incertezza tra elettronica ed atmosfera astratta, che non ha una vera e propria melodia; si apre con dei suoni spaziali, che alla fine si convertono in una oblazione minacciosa: superba, strisciante, misteriosa, eppure anche meravigliosamente calma, i suoi risonanti gong riverberano ed indugiano sopra delle torturate linee di chitarra elettrica. La lenta e conturbante “Weissensee” (“Mar Bianco”: è un lago della Carinzia, in Austria, ed un quartiere di Berlino) è probabilmente la traccia più convenzionale, che si concentra maggiormente sulle trame di chitarra di Rother (con una grande quantità di wah-wah) e sui tamburi sensuali di Dinger. 

La pionieristica “Im Glück” (“nella felicità”) è una registrazione fatta su una barca: fin dai primi suoni, tra le chiacchiere ed il rumore dell’acqua, ci racconta la maestosità di uno spazio aperto ed immenso in opposizione alla sicurezza del proprio punto di ancoraggio; la chitarra galleggiante di Rother ad un certo punto suona come uno stormo di gabbiani, sopra i suoni persistenti di un litorale che si trasformano lentamente in un nostalgico minimalismo strumentale. Sullo stesso canone ritmico si innesta Negativland” (“terra negativa), con dei martelli pneumatici usati come strumento ed alcuni suoni spaziali che soffiano attraverso un paesaggio sonoro deserto: una traccia disorientante e impazientemente provocatoria, sciolta in una ripetizione ritmica che è la fusione perfetta tra l’elettronica e l’ambient. 

La litania amelodica e straziante di “Lieber Honig” (“caro miele”) chiude il disco, presentando la sola performance vocale di tutto l’album (esito a chiamarlo canto), con la voce androgina di Klaus Dinger microfonato così da vicino che si può sentire fastidiosamente ogni mormorio prodotto dalla sua gola, in un sibilante e vulnerabile lo-fi dei Neu! a venire, che con con cautela nuota verso la luce, dopo esser stato sommerso dai rumori dell’acqua.

Il disco di debutto dei Neu! è indubbiamente lo scheletro strutturale della carriera della band: quando si considera il Krautrock nel suo complesso, bisogna dire che il duo di Dusseldorf è stato estremamente influente per una vasta gamma di generi, dall’ambient al punk. Tutte le canzoni sono dotate di una solida ripetizione, accompagnata da tastiere e chitarre con effetti diversi, l’unico elemento che offre dei cambiamenti nel corso della canzone: l’atmosfera può essere calma o tesa, pacifica o caotica, ma questa formula non cambia mai, almeno non per quanto concerne questo primo album; come inevitabile corollario, tutte le canzoni non sono eccessivamente lunghe date le poche variabili e, difatti, l’unico problema di questo disco è che, anche se ben pianificato ed eseguito, non ha molta carne – solo lo scheletro, appunto – basandosi principalmente sulla struttura, e non specificamente sulla musica.

Negli stessi Windrose Studios, i Neu! partorirono nel 1973 il secondo LP (Neu! 2) con le medesime coordinate, grafica compresa: a questo punto, Rother se ne andò per qualche tempo a suonare con i due Cluster nel trio Harmonia, per poi ricongiungersi a Dinger un paio di anni dopo per Neu! 75, nel terzo ed ultimo atto della storia, in una musica più immediata e meno innovativa registrata con il supporto del fratello di Klaus, Thomas Dinger, e Hans Lampe. La band si separò definitivamente poco dopo: Michael Rother tornò inizialmente negli Harmonia, salvo poi dedicarsi ad una carriera solista fondamentalmente new age con l’ausilio del batterista Jaki Liebezeit dei Can; Klaus Dinger formò col il fratello Thomas, Lampe ed il bassista Harald Konietzko, i La Dusseldorf, sfornando tre album di discreto successo. Il resto è storia banale, tra qualche fugace reunion segnata dai disaccordi e l’istituzione di nuove band dalla vita breve e dai nomi nostalgici: Thomas morì nel 2002, Klaus lo raggiunse lassù, “Im Glück”, nel 2008.

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