Socrates Drank the Conium – On the Wing

Bene …Vi starete sicuramente domandando: vi è stato in Grecia un gruppo progressive degno di esser preso sotto esame? La risposta è affermativa ed è disseminata nel lavoro di questa band quindi procediamo nell’indagine!
La musica dei Socrates Drank the Conium null’altro è che la costante ed ardente addizione tra Antonis Tourkoyorgis (basso e voce) e Yannis Spathas (chitarra): il risultato matematico è un perfetto binomio di blues ed acid-rock che sembra ammogliare i Cream con i Sabbath, i Deep Purple a Hendrix, celebrando il connubio in una Grecia messa a soqquadro dalla dittatura (e questo è uno dei dati che più pesa, essendo la musica all’epoca considerata immorale e figlia del comunismo).
La registrazione non è delle migliori e il lavoro ha l’effimera durata di 30 minuti; tuttavia è un disco dalle sonorità all’avanguardia e, di certo, i Socrates nella notorietà non sono stati aiutati dalla geografia e dalla politica.

On the Wings è il loro terzo album uscito nel 1973, ma fu il primo ad uscire fisicamente dal Paese: i confini crollano con “Who is to blame” in cui si impone la tenace tecnica di Spathas, un chitarrista che meriterebbe più attenzione globale: a metà strada tra Page e Blackmore, si dimostra nel contempo schivo ed ostinato tra assoli e riff quasi granitici; il tutto è scolpito dalla rovente voce del bassista Antonis Tourkoyorgis, che si configura in alcune tracce come un Peter Gabriel disperato, grunge, e levigato dal duttilissimo batterista Yorgos Tradalidis che sembra azzuffarsi ferocemente con Cronos.Oltre alla traccia d’apertura, il meglio è sicuramente espresso da “Distruction“, un vero e proprio sfacelo musicale totalmente in “stile seventy”, scalfito da un intro pseudo-hendrixiano, mentre in “Breakdown“ è un armonico litigio di strumenti in cui Spathas e la sua Stratocaster sembrano avere la meglio.
La sedata “Lovesick kid’s blues” mitiga in una parentesi tutta blues la rabbia del disco così come “Tripin’ in a crystal forest“, un breve lavoro strumentale che spiffera un country a tratti nevrastenico. La conclusiva “Regulations (if I were a president)” è un’altra ottima composizione, un collage quasi swamp-rock, dove ancora una volta si parla di politica, stavolta in chiave più leggera ed ironica (“I’m lookin’ around and I have no place to die!“)

Un album difficile da trovare (edizione limitata della Anazitisi Records di sole 150 copie, poi ristampata in CD dalla Polydor negli anni Novanta), testi impossibili da reperire, biografie pressochè inesistenti… E questo è tutto ciò che vi posso dire: ascoltateli, perchè Socrate è sopravvissuto alla cicuta e si è dato al progressive-rock!

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