Ten Years After – Ssssh

Nel 1961, nel bel mezzo della seconda epidemia di Blues in Inghilterra, i Ten Years After si formarono per iniziativa del velocissimo chitarrista Alvin Lee e del bassista di Nottingham Leo Lyons, in principio uniti in un duo che fece gavetta nei vari club di Amburgo – come avevano fatto l’anno prima i Beatles – col nome Jaybirds, fino all’incontro casuale con il batterista Ric Lee (che non aveva nessuna parentela con Alvin), col quale si spostarono a Londra come gruppo spalla ai The Ivy League; nel 1966 nella capitale inglese si aggiunse il tastierista Chick Churchill ed il quartetto mutò sigla dapprima in Blues Yard e poi definitivamente in Ten Years After (in onore di Elvis Presley dicono alcuni, mentre altri sostengono che il nome sia stato estratto da Leo Lyons da una rivista, in cui vi era la pubblicità del libro “Ten Years After The Suez“, che si riferiva alla crisi di Suez).ten-years-after-ssssh

Dopo aver firmato un contratto con Chris Wright per la neonata Chrysalis ed aver suonato al Windsor Jazz Festival, il gruppo si unì all’etichetta progressiva della Deram con la quale pubblicò il primo omonimo album nell’ottobre del 1967, conquistando repentinamente popolarità anche oltre Oceano, facendo da spalla a Janis Joplin, con una potenza concertistica ben captabile nell’album live Undead del 1968. Il secondo disco in studio (Stonedhenge, 1969) pose fine alle contaminazioni del free-jazz e del blues di Chicago, optando dopo una elettrizzante performance a Woodstock per un rock più robusto che metteva in prima linea la chitarra fulminea del leader e compositore Alvin Lee; Ssssh è il terzo LP della band, registrato ai Morgan Studios di Londra nel giugno del 1969 ed edito ad agosto nella fervida copertina rossa con la fotografia distorta di Graham Nash. In questo disco ci sono alcuni grandi numeri di duro blues, energiche ballate ed istantanee di pesante rock che non si trovavano in precedenza: insomma, tutti gli ingredienti che mancavano dolorosamente a Stonedhenge, sopprimendo alcune delle sue lacune al fine di cristallizzare la direzione blues-rock definitiva che sarebbe diventata la firma del suono dei Ten Years After.

La burbera “Bad Scene” si apre inaspettatamente con il canto di un gallo, messo messo a tacere da Ric Lee e Chick Churchill tra batteria e tastiere, fino a quando emerge la voce elastica di Alvin Lee e la sua chitarra infuocata; ci sono una gran quantità di riff diversi in questa canzone che la rendono di fatto un prodotto indefinibile, oscillante fra un boogie frenetico ed un hardcore mozzafiato, con un suono di chitarra rozzo e veloce che quasi predice il punk. La successiva “Two Time Mama” ammorbidisce i toni, con una ossatura più folk e fragile rispetto alla traccia d’apertura: si tratta comunque di un’altra canzone fondamentalmente blues, in soffice stile Hound Dog Taylor. 

Le due tracce seguenti sono state oggetto di polemica, per via dei testi; la prima, “Stoned Woman“, concerne l’uso di droghe ed inizia col basso di Lyons in una progressione orecchiabile che lancia il riff principale della chitarra di Lee, tra rabbia e passione. La potente “Good Morning Little Schoolgirl” è una cover di Sonny Boy Williamson, e fu criticata per via del testo libidinoso rivolto ad una giovane ragazza: essa inizia su un riff simile alla traccia precedente, con Lee che comincia a cantare mentre la band contribuisce con alcuni densi riempimenti, accompagnando la canzone al capolinea quando Ric Lee si diletta con un astruso assolo di batteria.

La tesa “If You Should Love Me” suona sorprendentemente moderna e familiare, con tutti i vari membri della band che forniscono assoli per tutta la durata della traccia, i cui toni rilassati sfociano mano a mano sul proscenio con le urla di Lee che dichiarano tutto il proprio amore alla donna in oggetto; in questo brano trova posto pure l’organo di Chick Churchill, che in questo disco rimase un po’ in disparte rispetto ai precedenti lavori. In I Don’t Know That You Don’t Know My Name” Alvin Lee si cimenta su una chitarra acustica, con le tastiere che sembrano fargli il verso; lo stesso apatico ritmo segna tutta la canzone, che non presenta nessun momento di spicco ma che risulta comunque un’ottima vetrina per Chick Churchill al pianoforte e per i bonghi tribali di Ric Lee. The Stomp” vede Alvin Lee cantare quasi ininterrottamente con voce rovente, mentre il resto della band è impegnata in una jam session dai toni boogie in cui c’è spazio per numerosi momenti solistici. Una grandiosa chiusura si ha con “I Woke Up This Morning“, un blues in 12 misure dell’originale di Lightnin’ Hopkins, che inizia sulla chitarra di Alvin Lee con la band che si unisce poco dopo, trovando tempo per un assolo piuttosto impressionante, uno dei migliori dell’album, e che si dipana per la maggior parte della durata della canzone.

Nel complesso, questo disco è un lavoro di hard-rock superlativo, probabilmente uno dei migliori album della discografia dei Ten Years After assieme al loro trascuratissimo debutto omonimo, che portava però un’anima più jazz; Alvin Lee è stato uno dei chitarristi più sottovalutati e dimenticati di tutti i tempi, mentre la produzione non è stata delle più indimenticabili: mentre il lato B della versione originale in vinile di Ssssh risulta un po’ disomogeneo, bisogna riconoscere che il lato A è un autentico e puro capolavoro del rock ‘n’ roll.

In seguito al successo ottenuto con questo disco ed il successivo Cricklewood Green (1970), la sbornia di popolarità fece barcollare gli equilibri interni della band che dopo Watt (1971) perse rapidamente lucidità (lo stesso Lee definì i Ten Years After di quel periodo come un “jukebox viaggiante“) fino all’annuncio dello scioglimento nel 1973 ed il tour di addio negli Stati Uniti due anni dopo. Nei decenni successivi, il nome dei Ten Years After verrà riesumato in diversi momenti da Alvin Lee per dare vita a poco credibili reunions che non riaccesero però mai l’entusiasmo ormai spento del pubblico.

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