Gli Opus Avantra si formarono ufficialmente a Venezia nel 1973, ma si narra che l’idea scaturì in un difficile viaggio in macchina tra Monaco e Dortmund, con la cantante Donella Del Monaco (nipote del tenore Mario Del Monaco), il filosofo Giorgio Bisotto ed il futuro produttore e giornalista Renato Marengo intenti a discutere sullo stato di degrado della musica italiana coeva. Avvalendosi del prezioso pianista Alfredo Tisocco e della collaborazione di una serie di musicisti esterni (tra cui il “prezzemolino del pop” Tony Esposito), il gruppo così formato decise di dire la loro, pubblicando il primo disco per la Trident nell’estate 1974, Opus Avantra – Donella Del Monaco (noto anche come Introspezione, dal titolo del primo brano) confezionato dalla evocativa copertina di Umberto Telesco; fondamentalmente si tratta di un concept-album sui sentimenti nascosti di una donna, in un viaggio interiore guidato dalla voce angelica e decadente del soprano Donella Del Monaco.
Il nome di questo progetto è un acronimo diviso in tre parti, che va ad omaggiare i principali interessi ispiratori del gruppo: “Opus” (opera), “Avan” (avanguardia) e “Tra” (tradizione). La sigla intendeva porre il gruppo nel filone avanguardistico affondando però le radici nel recupero della vecchia tradizione: nel superamento dei vari generi il gruppo partì dal pop sinfonico e dalla musica etnica, passando dall’affidabilità dell’opera lirica alle strade dissestate del jazz, dall’elettronica berliniana alla musica aleatoria, ricercando sempre comunque un leitmotiv classico e popolare. Nelle note di copertina di questo disco di esordio si può leggere il loro interessante manifesto propositivo: “Il nostro insieme musicale nasce da un’esigenza di superamento dello stato di impasse in cui si trova la musica oggi. […] Senza entrare nel merito delle origini storiche della situazione del nostro tempo, constatiamo l’esistenza di due grandi settori: una musica ‘commerciale’, che può variare dalla canzonetta ad alcuni fenomeni deteriori denominati rock-pop e varie elaborazioni di pseudo-avanguardia, a una musica per adepti, che va da uno sfiduciato attaccamento assolutistico per i vari generi del passato, a un atteggiamento sperimentalistico ad oltranza, che spesso si risolve in espedientismo. Senza negare la validità di certa musica contemporanea, (ma anzi recependola) nei tentativi di alcuni gruppi pop, (ma anche senza nessun complesso verso le esperienze del passato), la nostra intenzione si rivolge al recupero di quel passato fondamentale e imprescindibile fra arte e popolo.”
La formazione è completata da Luciano Tavella (flauti), Enrico Professione e Pieregidio Spiller (violino), Riccardo Perraro (violoncello), Pierdino Tisato (batteria), oltre ai già citati Donella Del Monaco (voce), Alfredo Tisocco (tastiere) e Tony Esposito (percussioni).
L’intima “Introspezione” è un pezzo-collage con un pianoforte viscerale, parole sussurrate e strani effetti che forniscono un classico cerimoniale da “musica concreta”: nei magazzini della coscienza si possono percepire pensieri, desideri e sensazioni, in una sorta di colonna sonora per un ritorno all’infanzia sulle ali di una psicoanalisi portata in musica. L’acccattivante “Les Plaisirs Sont Doux – Nel Piccolo Giardino” si veste leggera con pianoforte, violino e lo splendido soprano della Del Monaco, che rielabora un pezzo tradizionale della “Haute-Savoie”, un inno alla bellezza che ci invita a prendere il nostro tempo. Prosegue la stessa strada “La Marmellata – Carillon“, infiltrandosi tra alcuni schiamazzi infantili, in una particolare filastrocca sottolineata da percussioni, flauto e clavicembalo ed un suono ossessivo del carillon che ci fa quasi scorgere l’ombra dei complessi freudiani sotto i pini. Ci troviamo ancora al parco giochi con “L’Altalena“, oscillando nel vuoto come piume: i bambini ballano, corrono e gemono mentre la musica scorre onirica e placida, fino al raccoglimento introspettivo del “Monologo“, un breve interludio recitativo, inquietantemente sciorinato da un teso violino (“contro tutto c’è solo la mia possibilità di esistenza e la voglio vivere senza confine nella verità di me dietro lo specchio“).
I seguenti due brani vennero rilasciati come singoli: “Il Pavone“, intellettualmente onesto e originariamente convenzionale, è una sognante canzone melodica sul primo amore, dove il maschio viene paragonato ad un pavone che cerca di conquistare la sua preda (“E il pavone lancia il suo richiamo, la carrozza illuminata mi accoglie, lieve realtà soffio di lucidità, intuizione che il nuovo giorno si apre in te“). In “Ahi Douleur” sembra quasi di stare alla corte dei Gonzaga, con una forte atmosfera monteverdiana ordita da clavicembalo, archi e dalla voce di Donella impostata in modalità lirica, ma poi il ritmo decolla inaspettatamente soggiogando rock e musica classica, in analogia alla bidimensionalità dell’amore che porta con sè il dolore come altra faccia della medaglia (“batte il cuore nel petto tuo, corre il sangue nel corpo mio, e non ne posso più“).
“Deliee” inizia con un forte sapore orientale condito da pianoforte, flauto e affascinanti vocalizzi, mutando successivamente pelle per evocare la mancanza dell’amante e del dolore di una donna innamorata, con un’influenza della “chanson française” che pare ben evidente. La sensuale e melodrammatica “Oro” saluta il ritorno dell’amato nello stesso clima arabico della traccia precedente, con il tempo sospeso nell’immensità eterna a soddisfare una sete antica e pagana ancora palpabile nell’orgasmica ed esoterica “Rituale – Ashralem“, in cui la coppia finalmente ricongiunta è libera di vivere il più antico dei riti, in una apoteosi frenetica dei sensi in cui gli strumenti e la voce celebrano il sesso come una forma di spiritualità.
Il disco non ottenne grandi risultati in termini di vendita, nonostante le ottime recensioni: “Opus Avantra: avanguardia e tradizione, forse nessuna delle due cose, ma una nuova formula musicale che può racchiudere entrambe, mantenendo una sua autonomia espressiva…” (Isio Saba, da Super Sound n.22 giugno/74).
Fallita la Trident, già agli sgoccoli quando pubblicò l’album, il gruppo rimase anche orfano della Del Monaco che si dedicò alla sua carriera solista; gli Opus Avantra rimaneggiati col batterista Paolo Siani uscirono nel 1975 con Lord Cromwell, una suite sui sette vizi capitali che però non superò i limiti del discorso accademico. Nel 1989 il gruppo si riunì nella formazione originale in altri due album (Strata, Lyrics), ancora desiderosi di dare una bella pulita alla musica italiana.
Che dire? Un disco per gli amanti dell’opera e dei suoi abbinamenti con il rock. Forse non è per tutti, ma merita l’ascolto se non altro per la bellissima voce della Del Monaco.