Frank Zappa & The Mothers of Invention – We’re Only in It for the Money

Registrato a più riprese in diversi studi newyorkesi, We’re Only in It for the Money è il quarto album di Frank Zappa, coadiuvato dai fedelissimi e materni Mothers of Invention: Jimmy Carl Black (tromba e percussioni), Roy Estrada (basso), Bunk Gardner (legni), Don Preston (tastiere), Billy Mundi (batteria), Euclid James “Motorhead” Sherwood (sassofono), con il nuovo arrivato Ian Underwood (tastiere) ed un piccolo gruppo di amici come ospiti, tra cui la groupie Suzy Creamcheese ed Eric Clapton, trovato per caso nelle strade della Grande Mela.

La copertina, come evidente, è una parodia del celebre Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Durante una conferenza stampa alla Kasmin Gallery, Zappa telefonò a Paul McCartney chiedendogli il permesso di riprendere la loro copertina, e questi acconsentì sottolineando che però avrebbe dovuto ottenere il consenso definitivo dalla EMI, titolare dei diritti dell’immagine. Più avanti Frank dirà di avere notato in questa risposta un tentennamento nei confronti del suo prodotto, come lui lo aveva definito, e che forse Paul fosse stato disturbato da questo termine in quanto Zappa sosteneva di avere “a che fare con uomini d’affari a cui non interessa niente della musica, dell’arte, o di me. Vogliono fare soldi, e mi rapporto a loro su quel livello, altrimenti mi considereranno come uno dei tanti imbecilli del rock“. Fatto sta, che nonostante la presunta lettera scritta da McCartney per accelerare i tempi burocratici, questo problema ritardò di cinque mesi l’uscita del disco; verso gli stessi Beatles, d’altronde, Zappa non ebbe mai parole di stima, arrivando a dichiarare perfino “quando ho fatto quella parodia era per sottolineare che anche i Beatles lo facevano solo per soldi. Tutti gli altri pensavano che fossero divinità. Penso che non sia giusto. Erano soltanto un buon gruppo commerciale“. Nella composizione, vi è inoltre un altro riferimento satirico alla band inglese: a sinistra un manichino, vestito di bianco, tiene sulle gambe un bambolotto nudo e malconcio: qualche anno prima i Fab Four avevano pubblicato un album in America, Yesterday and Today, che aveva in copertina i membri del gruppo vestiti da macellai, sporchi di sangue e circondati da bambole smembrate.

Per la realizzazione della cover,61G6gcrU+yL Zappa consegnò una bozza dell’immagine al suo grafico di fiducia, Cal Schenkel, in cui includeva una lista di un centinaio di persone che voleva contattare per inserirle nella foto: un’impresa impossibile per l’epoca, ed infatti vennero chiamati solo quelli reperibili facilmente tramite gli annuari scolastici. Furono fotografati unicamente lo sfondo ed una sola fila di persone ed oggetti, mentre il resto della scena venne riempito con la tecnica del collage, ben visibile nel volto vuoto della groupie Cindy (la seconda da sinistra della seconda fila), la cui faccia si staccò dall’opera originale. L’istantanea fu scattata dal fotografo di moda Jerrold Schatzburg, contattato dopo che Frank vide la copertina di Have You Seen Your Mother, Baby, Standing in the Shadow degli Stones, in cui questi erano travestiti da donne, un’idea che volle aggiungere al sardonico prototipo beatlesiano; inoltre, dirà più tardi il fotografo, Frank “invece di fiori e belle cose, voleva spazzatura e avanzi di cibo e tutto ciò che di solito si trova per terra“. Per scattare le fotografie la troupe ci impiegò più di un giorno, con Frank a destra vestito con abiti femminili, stretto in un vestito nero fornito dal negozio hippy della città (il Kaleidoscope dello stilista Tiger Morse) e la moglie Gail, incinta agli ultimi mesi, con una gonna azzurra a campana dietro di lui. Nella foto compaiono anche il produttore Tim Wilson e lo stesso Cal Schenkel (seduto ai piedi di Gail) intento ad afferrare un cartone di uova, il suo cibo preferito; venne incluso anche l’amico Jimi Hendrix, che posò volutamente ambiguo intento a stringere la piccola Lisa Cohen (figlia del manager Herb). Frank avrebbe voluto allegare un busto del suo venerato Varese, ma si dovette accontentare di quello più reperibile di Beethoven, coperto da una ironica fascetta nera sugli occhi quando la Mgm minacciò di nascondere lo sguardo di tutti coloro che non avessero acconsentito ad apparire nell’immagine. Altri personaggi celebri che compaiono, oltre ai già citati ed ai Mothers of Invention: La Statua della Libertà, il Fantasma dell’Opera, la Ginevra de’ Benci di Leonardo, Lyndon Johnson, la Eva di Hieronymus Bosch del “Giardino delle delizie”, Nancy Sinatra, Barbie e Ken, Captain Beefheart, Herb Cohen, Lyndon Johnson, papa Paolo III, Eric Burdon, Nosferatu, Harry S. Truman, Albert Einstein, David Crosby ed Elvis Presley.

L’album fu pubblicato il 4 marzo 1968, ovviamente non senza che Frank Zappa prima litigasse con la label: la sua edizione di prova era stata infatti censurata in diverse parti, peggio ancora l’equalizzazione era stata manomessa, tagliando gli alti e pompando i bassi ed i medi per meglio coprire le parole. Come se non bastasse, la Mgm nutriva dei forti dubbi riguardo alla questione scottante dei copyright e pretese che la copertina originale venisse posta all’interno, mentre come cover vera e propria venne scelta una foto dei membri della band in vesti femminili su sfondo giallo (immagine comunque simile a quella contenuta all’interno proprio del disco dei Beatles). Solo nel 198money_spread_flipped6 finalmente la Rykodisc pubblicò il CD dell’album con l’originale front-cover, dato che lo stesso Zappa mai approvò la prima versione rilasciata dall’etichetta, arrivando ad una premiazione a sostenere sarcastico che il trofeo sarebbe stato più opportuno darlo a chi aveva modificato così tanto il suo lavoro.

In uno schema già codificato da Freak Out! e Absolutely Free, anche We’re Only in It for the Money si compone di numerosi sketch: Zappa aveva la ferma convinzione che ogni oggetto appartenesse organicamente ad una sua moltitudine, una continuità concettuale simile a quella dei Canti di Ezra Pound o delle prospettive multiple dei dipinti di Paul Cezanne; questo album in particolare si legava ad un progetto seriale denominato “No Commercial Potential“, connesso tassonomicamente ad altri tre dischi: Lumpy Gravy, Cruising with Ruben & the Jets ed il celebre Uncle Meat.

Qui il tema strumentale di base è una esilarante parodia del rock psichedelico, con un conseguente uso di effetti bizzarri ad hoc, ironicamente offerti con una dose di disprezzo piuttosto che di rispetto per il genere. Musicalmente, sono presenti una serie di brevi canzoncine melodiche (più simili al primo album che al secondo, che si era espanso più strumentalmente) in cui si percepisce una Summer of Love maniacalmente imbastardita; bisogna però sottolineare che Zappa non odiava la Controcultura in sé dal punto di vista politico-sociale, ma ne criticava il suo soggiogarsi al comfort del mainstream, ed era inoltre assai caustico nei riguardi delle mode lisergiche: il suo dispiacere generale verso la scena hippy si scatena in questo album con testi divertenti, ma molto riflessivi. 

Nel breve spezzone iniziale di “Are You Hung Up?” si può sentire l’ospite Eric Clapton in pochi versi parlati, mentre Jimmy Carl Black si presenta come “the Indian of the group“. E’ però con “Who Needs the Peace Corps?” che l’album ha la sua vera introduzione, lacerando subito nel cuore la cultura hippy con un “I will love the police as they kick the shit out of me” che nella prima edizione venne immediatamente censurato. In questo pezzo, Frank ironizza sulla gioventù che utilizzava la cultura dei figli dei fiori come pretesto far uso di droghe, con le quali Frank Zappa aveva indetto una vera e propria crociata personale, licenziando perfino chiunque della band venisse sorpreso a farne consumo. Quando per un brevissimo periodo si ritrovó a condividere la stessa casa con – tra gli altri – Jim Morrison e Grace Slick,  inutile dire che fu proprio Frank ad essere buttato fuori, e non le droghe! Nella parte finale Mike Keneally instaura un monologo imitando Johnny Cash, ritenuto uno dei capisaldi della Summer of Love.

Concentration Moon” propone una sovrapposizione di tre melodie frammentarie, e venne censurata nella parte in cui il tecnico dei Mayfair Studios, Gary Kellgren, sussurrava che i Velvet Underground ed i Mothers of Invention erano “shitty (nda, gruppi di merda). La seguente “Mom & Dad” è una canzone dolcemente rassegnata, che suona quasi profetica per le eccessive violenze contro i giovani da parte delle autorità (tanto diffuse in USA anche al giorno d’oggi), narrando la storia di una bambina uccisa al parco dalla polizia, condannando gli archetipi del padre distante e della madre superficiale (“Ever take a minute just to show a real emotion, in between the moisture cream and velvet facial lotion?“). Il verso “It’s such a drag to have a plastic Mom and Dad” la pone inoltre sulla stessa lunghezza d’onda di “Plastic People” (Absolutely Free), tanto per rimarcare il continuum spazio-temporale degli album di Zappa, che trova qui anche un forte nesso con “Trouble Every Day” del primo lavoro. Nella fulminea “Telephone Conversation” si può sentire il discorso tra Pamela Zarubica (alias Suzy Creamcheese di Freak Out!) e la sua amica Vickie che la informava che il padre aveva incaricato l’FBI di cercarla, perchè si rifiutava di dare informazioni su dove trovarla. Altrettanto breve il swing di Bow Tie Daddy“, che per analogia a Sgt. Pepper potrebbe sovrapporsi a “When I’m 64”, smantellandone i buoni propositi e ironizzando sinteticamente su un onesto vecchio uomo della classe media (“Cause you think you’re gettin’ too old, don’t try to do no thinkin’“).

In “Harry, You’re a Beast” troviamo uno scherno alla società perbenista con uno schizzo (e perdonatemi l’osceno gioco di parole!) dell’idea originale di un progetto con Lenny Bruce, in particolar modo nella frase censurata “Don’t come in me” (nda, “non venirmi dentro”) che si riferisce ad una gag del comico riguardante ovviamente l’eiaculazione. La beffa continua con “What’s the Ugliest Part of Your Body?” in cui Zappa dopo aver esaminato l’intera anatomia umana in stile doo-wop, proferisce quale sia la parte più brutta del corpo. La risposta ve la suggerisco io: si trova dentro il cranio. L’inno generazionale volutamente confuso tra classica e psichedelia di “Absolutely Free” rimarca la disapprovazione verso la moda hippy, in un censurato slogan “Flower power sucks!”, con citazioni di Jefferson Airplane e Donovan in un tempo a 3/4 con sarcastici effetti dei nastri e nel testo (“you’ll be absolutely free only if you want to be”). Flower Punk continua la vivisezione floreale, in un proto-new-wave che sevizia “Hey Joe” nella versione originale di Billy Roberts, con una breve citazione di “Wild Thing”, resa celebre dai Troggs. 

Coi pochi secondi fiatati di “Hot Poop” siamo catapultati nella futuristica Nasal Retentive Calliope Music“, con ancora ospite Eric Clapton che sostiene di vedere Dio (ironizzando sulle scritte “Clapton is God” che spopolavano a Londra) ed un largo uso dell’elettronica e dei nastri invertiti.
Let’s Make The Water Turn Black” narra invece la storia vera dei vecchi vicini di Frank, Ronald e Kenneth Williams, che erano soliti giocare ad incendiarsi le flatulenze a vicenda e a fare esperimenti biologici con barattoli di urina, per la gioia del povero padre; la traccia successiva The Idiot Bastard Son” ne riprende la storia, sedandola.In “Lonely Little Girl” sono di nuovo sotto accusa i genitori, che distratti non si curano della sofferenza dei propri figli (“All your children are poor unfortunate victims of systems beyond their control”). Più leggera è “Take Your Clothes Off When You Dance“, la cui versione strumentale compariva già in Lumpy Gravy, ma qui viene messa a punto e lucidata in una veste gloriosamente orecchiabile.

In “What’s The Ugliest Part Of Your Body? (Reprise)” viene ribadito il concetto enunciato nella prima parte del disco, ancora denigrando la title track “Sgt. Pepper” dei Beatles (anch’essa seguita da una sua seconda parte), mentre nel vaudeville di “Mother People” la satira diventa propositiva (e positiva), scandita da con un bel ritmo funky del basso, in cui Zappa diventa virtualmente portavoce di “the other people“, ovvero i veri rivoluzionari lontani dalle mode. La traccia contiene, infine, anche una sequenza orchestrale da Lumpy GravyDulcis in fundo (o in cauda venenum, che dir si voglia) gli oltre sei minuti di “The Chrome Plated Megaphone Of Destiny, la classica chiusura in pompamagna delle opere di Zappa, che questa volta va ad omaggiare i maestri Edgar Varese e John Cage in una cacofonia freak, pericolosamente vicina alla “musica concreta”.

We’re Only in It for the Money è un album notevole, e funziona decisamente bene anche a più di trentacinque anni di distanza. Nonostante gli scampoli spensierati di musica surf, i pezzi parlati (“Sono Jimy Carl Black e sono l’indiano del gruppo!” e “Hei, con i capelli ci sono quasi!”), le parti a doppia velocità, gli squittii da scoiattolo e le parodie della delicata musica da figli dei fiori di Donovan e del suo giro, è un disco molto serio. Lo sguardo di Zappa è lugubre, pieno di oscuri presagi. I testi parlano di bambini soli, senza affetto, poliziotti fascisti dal grilletto facile, genitori materialisti che sono troppo presi dal consumare per accorgersi della tristezza dei propri figli. Condannano le frigide casalinghe americane, i padri di famiglia tutti d’un pezzo, la società militarista e destrosa pervasa di moralismo e ipocrita pruderie che si vede rappresentata nel governatore della California Ronald Reagan” (Barry Miles, Frank Zappa).

Con le perfette parole di questa biografia, che consiglio caldamente, chiudo la recensione di un capolavoro dissacrante del più grande compositore del XX secolo: FRANK ZAPPA!

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