Rocky’s Filj – Storie di Uomini e Non

Affiancati ai più popolari Banco del Mutuo Soccorso, il 22 novembre 1973 i Rocky’s Filj esordirono al Teatro Brancaccio di Roma, in una prima tournèe che però non li trovò vergini di esperienze musicali: le origini del gruppo risalgono infatti ad un quartetto con epicentro strategico a Parma, sotto contratto per la piccola Cobra con cui avevano pubblicato nel 1971 il singolo “Ingrid”; la band trovò il suo nome con l’aggregazione del cantante Roberto Rossi al trio originale, all’inizio battezzandosi Roky’s Filj, senza la “c”. Dopo essersi messi in mostra al Festival pop di Villa Pamphilij nel 1972 e con una lettera in più nel nome, i Rocky’s Filj vengono scritturati dalla Ricordi ed affidati all’estro di Alessandro Colombini (Lauzi, BMS, PFM, Bennato).

Il quartetto era composto dal vicentino Roberto Rossi (voce, sassofono, clarinetto), dal lodigiano Luigi Ventura (trombone e basso) e dai due cremonesi Roby Grablovitz (chitarra) e Roberto Colasante (batteria). La gestazione dell’album nel 1973 venne ostruita dall’arresto di Grablovitz a seguito di un incidente automobilistico (non ancora patentato!) e la cover di Cesare Monti volle richiamare in qualche maniera questo episodio, con la raffigurazione della facciata del Tribunale di Milano; la copertina apribile contiene inoltre una busta interna con i testi delle canzoni mentre una foto della stessa sessione rockysfilj1fotografica è stata poi usata nel libretto dell’album di Angelo Branduardi Alla fiera dell’est.

Il disco ha antiteticamente inizio conL’ultima spiaggia, una vigorosa stretta di mano col pubblico in una suite  jazz-rock che massimizza l’abilità dei componenti, qui chiamati a suonare diversi strumenti ciascuno (un po’ come i Gentle Giant): Roberto Rossi è alle prese con due sax, il clarinetto e canta, Roby Glabrovitz si applica alla chitarra elettrica e al flauto, mentre Luigi Ventura si dedica al basso Fender ed al trombone. Questo brano presenta svariati cambiamenti di tempo, sparsi in 13 minuti di composizione meravigliosamente artigianale. La voce è cruda ma ben si incastra al tono generale della canzone e dell’album (“Forte griderò al vento tutto lo sgomento di chi uccide e insieme muore già. Terra senza campi, senza fiori, senza vita né morte!“).

Il soldato” inizia con un assolo di basso seguito da una melodia vocale riempita dalla chitarra, naufragando lentamente in un jazz oscuro che risale a galla in E, in una splendida apertura che riunisce freneticamente tutti gli strumenti, eseguiti in maniera veloce; l‘assolo di sax contralto è veramente bello, soprattutto quando si intreccia alla chitarra ed alla sezione ritmica. Io robot” recapita uno stile melodico più morbido, con una linea vocale che viene accentuata in un crescendo, appoggiandosi ancora una volta alle solide linee di basso, mentre Martino” conclude infine l’album nella stessa dinamica del brano di apertura solo con una durata più breve, con ancora una volta il sassofono in prima linea a fornire un discreto cromatismo (“Come un bambino nuovo esce alla luce il mio pianto, solo un martino sta a guardare, ma ride“).

C’è in tutte le tracce una grande interazione tra sax, chitarra, basso e flauto, sopra una sezione ritmica dinamica. Spesso gli strumenti vengono raddoppiati ed armonizzati, con diverse sezioni che scorrono piacevolmente, nonostange una frequente variazione del tempo. Interessante la scelta di escludere le tastiere, un’omissione in controtendenza per l’anno.

Nonostante una ottima produzione ed una discreta promozione dell’album, Storie di Uomini e Non non riscosse grandi riconoscimenti ed il gruppo decise di sospendere l’attività discografica, anche per l’arresto di uno dei componenti che costrinse il gruppo ad uno stop di ben 6 anni. I Rocky’s Filj si sciolsero definitivamente nel 1979 dopo lo scarso successo del loro ultimo singolo “Astrocar”. Nel 1985, il leader Roberto Rossi morì infine in un incidente d’auto.

Storie Di Uomini e Non è stato pubblicato nel corso del leggendario 1973 ed è stato chiaramente messo in ombra dai molti classici che sono emersi in quel momento: questo è un peccato perché questo album dovrebbe essere di grande interesse per tutti i fan del progressive, che apprezzerebbero l’introito eclettico della fusione tra sax e chitarra, con dei temi che vengono raddoppiati in modo non dissimile a quello degli Osanna del primo periodo. Nei suoi momenti più frenetici, inoltre, l’album si avvicina al livello disumano degli Area, ma con un modus più oscuro, dove la voce audace e drammatica di Rossi appare soltanto nelle sezioni più significative.

In conclusione, questo album ben si adatta a chi ama gli eccessi selvaggi del genere, come gli Osanna, gli Area o Il Balletto Di Bronzo. La natura barbara ed esplosiva della maggior parte dei brani può portare alla mente anche i primi King Crimson (ma senza mellotron!), con qualche timido cenno all’oscurità dei Van Der Graaf Generator ed una forte sensazione di avanguardia jazz. Purtroppo, come per tante altre band del periodo, anche per i Rocky’s Fiji tutto finì troppo presto.

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