Pink Floyd – Wish You Were Here

Remember when you were young, you shone like the sun, shine on you crazy diamond!

E’ difficile spiegare a parole quest’album, ci sono così tante parole e sensazioni da esprimere che c’è il timore di affondare nella vacuità. Questo è quel che si dice “un lavoro breve ma intenso” – almeno per quanto concerne la quantità delle tracce (che trae in inganno se ne notiamo la durata!).

In seguito all’ultimo concerto del 1973 (il 4 novembre, a sostegno di Robert Wyatt), i Pink Floyd si presero un anno sabbatico e iniziarono a pensare a Wish you were here (Harvest, 1975), un aWish you were here - Pink Floydlbum malinconicamente dedicato a Syd Barrett, storico componente del gruppo (è proprio lui che coniò il nome della band): si narra che durante la registrazione del disco, lo stesso Barrett, visibilmente degenerato a causa della sua malattia, fosse passato in studio per ascoltare alcune canzoni, lasciando i suoi vecchi compagni sconvolti e in lacrime. Il punto di partenza fu un semplice spunto chitarristico di Gilmour (“Shine On”), provato come di consueto in un concerto: quando il quartetto entrò negli studi di Abbey Road il 13 gennaio del 1975 aveva già alcune canzoni abbozzate, ma poca chiarezza e soprattutto poca voglia di lavorare assieme, così, dopo un nuovo tour americano, Wish You Were Here venne rilasciato a settembre con qualche modifica rispetto ai piani iniziali.

Dopo il capolavoro di The Dark Side of the Moon, i Pink Floyd cambiarono gli ingredienti (ma non la copertina, sempre del gruppo Hipgnosis, con gli stuntman Danny Rodgers e Ronnie Rondell davanti agli studi Warner di Hollywood) e composero un album sincero e altamente biografico: molti sono infatti i riferimenti ad episodi o canzoni del passato, ma vi è anche la crescente insofferenza di Waters verso il successo. C’è una certa tristezza di fondo, che guarda sì ai tempi trascorsi con un pizzico di malinconia (ricordiamo che dopo l’abbandono forzato di Syd, i Pink Floyd attraversarono un momento di crisi specialmente dal punto di vista testuale) ma c’è anche la coscienza e la voglia di andare comunque avanti: questo è perciò un tributo autentico a colui che ha contribuito alla magnificenza e alla fama del gruppo londinese.

“Dopo il successo di Dark Side è stato abbastanza difficile sapere cosa fare dopo.[…]  Il tema di fondo deriva da “Shine On You Crazy Diamond”, soprattutto dagli ossessionanti accordi di chitarra di Dave, e dai testi di Roger. Questo tema è il senso di assenza, di non essere presente in una relazione o in una conversazione. […] Tutte le immagini si riferiscono ad un’assenza, in una forma o nell’altra. L’uomo che brucia è assente metaforicamente – troppo spaventato per essere presente, per non essere bruciato […]. La “stretta di mano” è tanto un gesto vuoto quanto un vero e proprio saluto”. (Powell and Thorgeson, Hipgnosis)

La maestosa aria di sortita Shine on you crazy diamond” viene divisa in due parti e segna il battesimo ed il funerale di questa creatura discografica, dove vi è il solito magistrale connubio musicale tra Gilmour e Wright che si spalleggiano, accompagnati dal sax di Parry, fino alla dolcissima chiusura. Le canzoni nel mezzo sono indispensabili anche per godere appieno di quest’esperienza: si comincia con il rock “sintetizzato” di Welcome to the machine, una canzone imbevuta di quell’essenza psichedelica ed acustica tipica dei primi album di stampo barrettiano, mentre Have a cigar è il pezzo più ambiguo di questo repertorio, con una cinica atmosfera che presagire il futuro album Animals, contrassegnata anche dalla voce di Roy Harper (che nello stesso studio stava registrando HQ) e da un finale che improvvisamente si esaurisce, imprevedibile come la vita. C’è chi vuole vedere in alcune tracce una aspra requisitoria verso l’industria musicale, denunciata di inumanità: nonostante ciò, ineccepibile è l’influenza del fattore-Barrett all’interno di questo lavoro, soprattutto nell’intramontabile Wish you were here, una delle canzoni più conosciute e amate dei Pink Floyd: la sua esibizione alla loro effimera riunione per il Live 8 dopo la morte di Barrett è sicuramente uno dei momenti più genuini della musica (“running over the same old ground, what have we found? the same old fears – wish you were here“) e, perchè no, anche della storia stessa, che passa e si consuma, ma questa canzone difficilmente si può dimenticare.

Wish You Were Here è un capolavoro essenziale del rock, che suona come nessun altro album prima o dopo.

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