The Doors – Strange Days

Strange Days è il secondo album dei Doors, registrato negli studi Sunset Sound Recorders di Hollywood con la produzione di Paul A. Rothchild e rilasciato nel settembre del 1967 per la Elektra. Il disco ripete la formula vincente dal debutto (The Doors), ma con una migliore produzione ed una musica meglio organizzata, che contiene elementi più sperimentali e psichedelici, in uno spostamento verso il lato più oscuro del rock; i testi del decadente Morrison sono ancora più personali e tenebrosi; la batteria di Densmore è sempre presente e marziana; la chitarra di Krieger è tesa, allucinante; le tastiere di Manzarek sono ancora più narcotiche. Vi è inoltre l’inserimento di un bassista come ospite, Doug Lubahn, che era a quel tempo un membro di un altro gruppo della Elektra Records, i Clear Light. Strange Days è un rituale sciamanico completo, in uno scorrere di canzoni rock manipolate in un viaggio psicologico verso gli angoli più confusi ma più consapevoli della mente di Jim Morrison; se il loro album di debutto è stato segnato da un rock californiano ​​sotto un effetto lisergico, in questo secondo album la mente viaggia da sola, e la musica stessa ne altera il cammino. 

Dopo il grande successo del primo album omonimo, la casa discografica non perse tempo nel capitalizzare la risposta americana alla British Invasion dei Beatles, che proprio in quel periodo si stavano vendicando del Boston Tea Party facendo impazzire ogni buon cittadino americano. Il sottofondo blues che scorrethe-doors-strange-days-1967-front-cover-86475 sotto quasi tutti le canzoni dei Doors è annacquato da un fluido psichedelico (era ancora la Summer of Love, dopo tutto!), mentre la copertina dell’album fu opera del famoso fotografo Joel Brodsky, che pose due immagini circensi sul fronte e sul retro della copertina: fu lo stesso Jim Morrison ad opporre un netto rifiuto nel mettere nuovamente la band in prima pagina. La location di questa felliniana fotografia fu a Sniffen Court, un vicolo storico della 36esima Strada a Manhattan, ed il suonatore di tromba è in realtà un taxista, pagato 5 dollari per posare nella foto; un assistente di Brodsky era invece un giocoliere, mentre la donna con un abito lungo che compare sul retro della cover è Zazel Wild, un’amica di Joel Brodsky, che oggi lavora come editrice per una rivista a New York. L’unico riferimento al nome del gruppo è posto sullo sfondo, in un cartellone pubblicitario appeso ad un muro sul quale era raffigurata la band (la stessa immagine precedentemente apparsa sulla copertina posteriore del primo album).

La title-track “Strange Days” apre le danze in una grande atmosfera sperimentale, illuminata da uno dei primi utilizzi del sintetizzatore Moog nel rock, suonato da Jim Morrison con l’aiuto di Paul Beaver; chiaramente, l’aggiunta di un buon bassista aiutò molto la band a rendere il suo viaggio narcotico e riflessivo in musica (“Strange days have found us“), mentre le note minacciose della tastiera che abbozzano la canzone ci danno l’idea di una mente disorientata che vive tra gioie casuali, strani occhi, corpi confusi e ricordi abusati. Una curiosità: una visita del gruppo nella fervida New York City di Andy Warhol ispirò Jim Morrison a scrivere questa traccia e molte altre presenti nell’album. La seguente You’re Lost Little Girl” è una ballata morbida con linee di basso di nuovo in evidenza, in uno strano abbinamento di testo e musica che funziona meravigliosamente, grazie anche ai bei ricami chitarristici di Robby Krieger sulla sua Gibson SG color ciliegio e alla voce chiaroscurale di Jim Morrison che malinconicamente culla la “piccola ragazza persa” (“I think that you know what to do, girl. Sure that you know what to do. You’re lost, little girl“).

La celebre “Love Me Two Times” è un numero di rock leggero, che porta però lo stesso marchio di qualità di ogni canzone del repertorio Doors: le tastiere di Manzarek le conferiscono una strana aura, un odore sardonico arricchito dal tipico suono del suo clavinet. Autore del testo è Robby Krieger, che scrisse questa canzone dopo che Manzarek aveva implorato i membri della band di tornare a casa e stendere alcuni pezzi, e questi si ispirò ai soldati americani che stavano andando in Vietnam: il tema è il sesso come modo per sopravvivere e la necessità di essere “amati due volte” prima di partire in guerra.

La primitiva “Unhappy Girl” è un inno alle donne confuse con un pizzico di umorismo, ed è stato rilasciato come B-Side del 45 giri di “People are strange”. Una chiave di lettura di questa canzone si potrebbe trovare nell’intervista a Jim Morrison di Lizze James (1968): “Se si rifiuta il proprio corpo, esso diventa la propria cella di prigionia. E’ un paradosso: bisogna andare oltre i limiti del corpo, ci si deve immergere in esso, si devono spalancare i propri sensi… Non è così facile accettare il proprio corpo – ci hanno insegnato che il corpo è qualcosa da controllare, da dominare, processi naturali come pisciare e cagare sono considerati sporchi… Le tendenze puritane muoiono lentamente. Come può essere liberatorio il sesso se in realtà non si vuole toccare il proprio corpo, se si tenta di eluderlo?” La prigione dove la ragazza sta morendo è solo un meccanismo nella sua mente che la costringe a restare sola con se stessa, mentre Jim la esorta dolcemente a liberarsi e nuotare nel fiume del mistero.

L’arcana “Horse Latitudes” (le “latitudini equine” sono delle zone oceaniche caratterizzate da acque calme e venti leggeri) è pura poesia, un collage criptico ed un po’ spaventoso che guarda nelle acque agitate di Jim, il quale scrisse il testo della canzone quando era ancora al liceo, dopo aver visto una copertina di un libro raffigurante dei cavalli che venivano gettati fuori da una barca per alleggerire il carico. Alcuni degli strani effetti sonori sono stati creati facendo cadere una bottiglia di Coca Cola in un bidone della spazzatura, battendo gusci di cocco su un pavimento di piastrelle e registrando della gente urlante in studio, in una traccia sperimentale che mostra come la band avesse cercato di emulare, in modo molto personale, le stranezze psicotiche di Sgt. Pepper. Il finale della canzone si fonde perfettamente con l’inizio del brano successivo, l’eterea “Moonlight Drive“, il brano che ha iniziato tutto, quello che la leggenda narra Jim canticchiò a Ray sulla spiaggia di Venice Beach facendo nascere così i Doors; le note della chitarra di Krieger danno a questa canzone – altrimenti abbastanza regolare – una patina sognante e caleidoscopica, in cui si alternano le fasi lunari nella calda voce di Jim.

L’immensa “People Are Strange” viene confezionata in soli 2 minuti, tra sarcasmo, disperazione, impotenza ed LSD: Jim Morrison stava allora iniziando a vedere il mondo in modo diverso, con gli occhi del Re Lucertola; scritta dopo aver visto un tramonto con Robby Krieger in cima al Laurel Canyon, il testo è circa il sentirsi alienato tra la folla: “people are strange when you’re a stranger, faces look ugly when you’re alone“. My Eyes Have Seen You” popone un altro un rock tutto sommato sedato ma con lo stesso taglio tetro della maggior parte delle canzoni dei Doors, mentre “I Can’t See Your Face in My Mind” è, fondamentalmente, una traccia psichedelica con un buon uso di una marimba da parte di Manzarek e gli effetti dei piatti di Densmore in arretrato: una canzone d’amore disperata, minacciosa, perversa e fatiscente, con le linee “Carnival dogs consume the lines” che tornano disgraziatamente all’immagine di copertina.

Nel capitolo conclusivo di “When the Music’s Over” viene riutilizzato l’espediente del Rhodes Piano Bass; Jim aveva insistito affinché il brano fosse registrato a presa diretta in studio, per preservarne il più possibile la carica emotiva: una canzone rivoluzionaria, che cresce di intensità come la melodrammatica “The End” dall’album precedente, e che termina anch’essa in un potente climax (“So when the music is over, turn out the lights. The music is your special friend, dance on fire as it intends, music is your only friend, until the end“). Il brano inizia con un riff jazz di Ray Manzarek all’organo ed un John Densmore nocivo alla batteria, mentre l’intera band serve poi a Jim come sostegno alla sua “jam vocale” nella parte centrale, prima di prendere l’iniziativa per il finale: anche se meno scioccante e folle dell’ultima traccia del loro debutto, in “When the Music’s Over” tutto cade al suo posto, dal ritmo dionisiaco dell’organo, alla voce granitica di Morrison, fino all’ingresso pernicioso di Krieger; invece del rito sciamanico ed edipico di “The End”, qui si ottiene una canzone più attentamente costruita e concentrata, che mescola l’etanolo con l’acido in una tempesta psicologica che alla fine non raggiunge il livello orgasmico della danza tribale di “The End”, ma che funziona perfettamente nei suoi innumerevoli cambi di tema e colpi di scena. Alcune curiosità: “L’urlo della farfalla” simboleggia la ribellione, la forza di una generazione a cui vengono tarpate le ali ma sa ancora come muoversi, mentre alcune linee del testo sono un riferimento ai saggi della Bibbia, i Magi, la casta sacerdotale dell’antica Persia che in quella notte di Natale guardò nel cielo scorgendo la stella di Betlemme.

Alla fine, quando la musica è davvero finita, ciò che conta è che Strange Days è un disco di una potenza psicologica unica, che nessun altro al mondo avrebbe mai prodotto.. Un album talmente forte da divenire paradossalmente  il flop commerciale dei Doors!

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