Carole King – Tapestry

“I feel the earth move under my feet, I feel the sky tumbling down!”

Inizia con queste ‘movimentate’ parole uno dei maggiori successi degli anni Settanta targato Carole King, la cantautrice newyorkese per eccellenza; sicuramente un disco privo di sfera temporale per la naturalezza della sua voce, quel pianismo minimalista ma ingente di emozioni e quelle tematiche che ti fanno assaporare i sogni eterni di un’epoca magica per la musica e per la storia in generale.

Nel 1971 – anno in cui Bob Dylan, pubblicità vivente degli anni Sessanta appena morti ma non ancora trapassati, si univa sperimentalmente a Allen Ginsberg tastando vie alternative e i Pink Floyd registravano un live a Pompei senza pubblico – esce Tapestry, sicuramente un punto di svolta e anno zero per quanto concerne la musica ‘rosa’.

A questo disco che la sposa al successo di massa, la King ntapestry-carole-kingon ci arriva vergine di esperienze musicali: al di là dell’album d’esordio che venne pressochè ignorato, vanta importanti collaborazioni col marito Gerry Goffin nella stesura di testi per artisti come Animals e Byrds solo per citarne alcuni. La title track – pura poesia – è da ascoltare in silenzio religioso per meglio godere della sua compagnia.

I feel the earth move è una perfetta e frizzante iniziazione dell’album: si evincono la potenza paradossalmente delicata della sua voce e quel rock simbolicamente collegabile al fantasma di Woodstock; è la musica che parla tramite le parole in un sound dove la chitarra, il piano e la batteria sembrano i tre magi al servizio del discorso. “So far away” ci rivela il lato più dolce della King, in un sound pulito e carico di sincerità e sentimenti autentici – analogo discorso per Home again (“Snow is cold, rain is wet – chills my soul right to the marrow”), dove si ribadisce come Carole e il piano costituiscano un’unica sostanza.

It’s too late è una delle canzoni che spiccano, rivelandosi con un ritmo portatore sano di soul! Pluripremiata all’epoca è sicuramente uno dei pezzi forti di questo lavoro, senza nulla togliere ad altri grandi successi. Orecchiabile ed encomiabile.
You’ve got a friend” resa celebre da James Taylor (che in questo disco collabora come chitarrista) e rifatta da una miriade di altri artisti, ben esprime quella radiosità interiore che la caratterizza; altra canzone famosissima, “You make me feel like a natural woman“, che sarà consacrata da Aretha Franklin all’immortalità, è semplicemente una delle più belle canzoni della storia. Atemporale!

Senza giri di parole, è un disco per i nostalgici degli anni Sessanta che, tramite la sobrietà di Carole King e il suo piano essenziale, vi oscillerà dolcemente tra i sogni di un’epoca mai vissuta (se non tramite il testamento artistico-musicale dell’era) e il presente dove, ahimè, sulla musica al femminile ha il monopolio la frivolezza vestita di marca.

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