The Moody Blues – To Our Children’s Children’s Children’s

Registrato nel maggio 1969 ai Decca Studios di Londra, To our childen’s children’s children’s è il quinto album dei Moody Blues ma il primo a essere rilasciato sotto l’etichetta personale del gruppo, la Threshold. Si tratta di un disco orecchiabile ma complesso, e la band ha trovato infatti la maggior parte delle canzoni impossibili da eseguire dal vivo, a causa delle orchestrazioni molto rigogliose e di una gran quantità di sovraincisioni.

È, appunto, il 1969, l’anno dello sbarco sulla luna e un evento di così storica importanza non poteva non dare ispirazione: i testi celebrano la potenza della creatività dell’uomo mentre chiedono una maggior consapevolezza e responsibilità verso il mondo che ci circonda.

Facciamo una breve presentazione. I Moody Blues, per chi non lo sapesse, sono: Justin Hayward (chitarra, voce principale), John Lodge (basso), Michael Pinder  (tastiere), Ray Thomas (flauto) e Graeme Edge  (batteria).

Ora iniziamo ad analizzare questo concept-album, dalla rupestre copertina del profilico Phil Travers. L’apripista è nie

ntepopodimeno che Higher and Higher, scritta dal batterista Graeme Edge, maestosa canzone che celebra il viaggio spaziale come una delle più grandi imprese dell’uomo. I versi sono parlati da Mike Pinder, piuttosto che cantati, mentre gli effetti sonori di un razzo ci lanciano in orbita: la band aveva addirittura contattato la la NASA per la registrazione di un lancio di un missile, ma erano rimasti delusi dell’audio (il cui suono è stato descritto dai MB come “un petardo bagnato”), così dovettero creare l’effetto in studio. La canzone, che vede anche qualche formidabile effetto fuzz, ha inizio con una massiccia esplosione condita da cori a distanza (sia umani che mellotroniani), per poi bruciare in uno sciame orchestrale con un lavoro di percussioni impressionante: in mezzo al fumo si erge il discorso faraonico di Edge e le linee del coro “higher and higher, now we’ve learned to play with fire, we go higher and higher and higher!” che offrono un senso di ottimismo totale sullo stato di avanzamento del genere umano.

Mentre l’estasi del brano d’apertura si affievolisce, subentra un’arpa che ci conduce nelle splendida “Eyes of a Child I“, con alcune delle migliori righe scritte da Lodge, tra glissati celestiali e piacevoli armonizzazioni di gruppo. La seguente “Floatingcomposta dal flautista Ray Thomas, è un brano disinvolto sul futuro in cui avanzano fantasiosi viaggi spaziali verso la Luna, divenuta ormai un luogo di vacanze familiari. Il testo della canzone vuole rendere la leggerezza del volo spaziale ed è, a mio avviso, il momento migliore dell’album; la terza strofa ha suscitato qualche preoccupazione negli Stati Uniti, coi versi incriminati: “Bouncing about on the Moon, guess you’ll all be up here soon! The candy stores will be brand new, and you’ll buy rock with the Moon right through!“: la simpatia di Ray Thomas per Timothy Leary e i termini dialettali legati alla droga (“candy”, “rock”) ha portato alcuni americani a vedere in questa canzone un incoraggiamento codificato a usare le droghe.

“Eyes of a Child II” prosegue la sua prima metà trovata in precedenza, e ben si unisce a lei nel rock bucolico come un androgino platonico mentre la seguente “I Never Thought I’d Live to be a Hundred”  è una breve ballata con il tema della longevità, che però suona abbastanza dimenticabile. Pochi brani più avanti troviamo la speculare “I Never Thought I’d Live to be a Million“, il suo metaforico sequel di mezzo minuto: il tema è il medesimo ma il narratore ha ormai raggiunto un milione di anni di età (e questo ha portato molti a identificarlo con Dio). La folle Beyond è un brano di tre minuti composto da Graeme Edge, il secondo completamente strumentale dei Moody Blues registrato su un album (il primo è stato “The Voyage”, dal loro precedente lavoro). Si inizia con una chitarra e un flauto dai ritmi frenetici, per poi eclissarsi con un drone inquietante di note che porta alla mente immagini celestiali.

Trovo personalmente “Out and In” un brano sottotono rispetto al resto del disco. Originariamente è stata accreditata a Mike Pinder e John Lodge, la loro unica collaborazione segnata come tale, ma nel nuovo rilascio del CD nel 1997, la co-scrittura di Lodge è stato omessa. “Gypsy” è, d’altro canto, uno dei momenti più alti dell’album, con un bellissimo testo che cito in un paio di righe “travelling in panic all direction blind, aching for the warmth of a burning sun, freezing in the emptiness of where he’d come from“. Un momento di pura e cosmica poesia.

L’eterea “Eternity Road“, scritta da Ray Thomas, è una canzone ottimista che celebra l’infinità dello spazio come una strada continua. Alla luminescente “Candle of Life” e alla psichedelica “Sun is Still Shining” fa poi seguito la più celebre “Watching and Waiting”, dove il suono di sottofondo del mellotron risulta stregante ed ossessivo con inevitabili rimandi a “Nights in White Satin” di Days of Future Passed; incatalogabile per definizione, è una delle canzoni più famose dei Moody Blues, il cui testo pare tuttavia abbastanza ermetico… è forse la Terra che parla ai suoi abitanti? Questo è solo il mio punto di vista… A ognuno la sua interpretazione personale.

Arrivati allo scadere degli anni Sessanta la vena sinfonica dei Moody Blues si esaurisce, nonostante il successo in termini di vendite negli anni a venire: ma la storia, si sa, non compra nulla, e forse conviene ricordare questo disco come l’ultimo album dei Moodies degno di nota.

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