Osanna – L’Uomo

L’uomo è il primo album pubblicato per la Fonit dai napoletani Osanna, rilasciato nell’entusiasmante 1971. Le prime vicende del gruppo si sgretolano nel beat psichedelico de i Volti di Pietra e dei Città Frontale, con la formazione definitiva che si ricomporrà negli Osanna (un nome scelto a caso dal dizionario) con Lino Vairetti alla voce, Danilo Rustici alla chitarra, Lello Brandi al basso, Massimo Guarino alla batteria ed Elio D’Anna agli strumenti a fiato. La pubblicazione del primo LP coincise con la partecipazione a diversi festival di rilievo, come il “Caracalla Pop” ed il “Festival di avanguardia e nuove tendenze“, dove arrivarono in finale facendosi notare anche e soprattutto per un live show di grande efficacia.
L’attività concertistica della formazione partenopea è inoltre stata assai edulcolorata, con un culmine raggiunto indubbiamenteosanna1 dall’accompagnamento al primo tour italiano dei Genesis (si vocifera addirittura che lo stesso Peter Gabriel venne ispirato dall’impianto scenico e dalle maschere tradizionali alla Commedia dell’arte degli Osanna).

Introduzione” ha il via con una chitarra acustica ed il sintonizzatore e, in un crescendo aggressivo e spaziale, irrompono il basso, la chitarra elettrica, il flauto, la batteria e l’armonica, spingendoci violentemente alla title track L’uomo“, che viene stesa su un drappeggio acustico insignito da flauti pastorali, verso una esplosione di armonie vocali tra percussioni raminghe, chitarre distorte e deviazioni del sassofono. Splendido il testo: “Momenti di pace non sempre sfruttati, han reso nei buoni dei cuori ghiacciati. Si vive e si muore nel fango e nell’orrore, si cercano invano momenti d’amore“. Un pezzo davvero interessante, che culmina nella reiterazione dell’ “Osanna” finale.

Mirror Train” irrompe improvvisamente nel ritmo fumante ed il canto muta dall’italiano all’inglese. Dopo alcuni bei passaggi blues, il brano si conclude sulle note di “Bandiera Rossa”, interpretata da una chitarra distorta vagamente hendrixiana; si tratta di una metaforica canzone, emblema della precarietà della condizione umana e dedicata soprattutto alle persone più deboli, in cui è evidente l’ammirazione verso i Jethtro Tull sia nell’uso del flauto che nella struttura del brano. Non sei vissuto mai” inizia in sortita con un suono incredibile di sporche chitarre ed una voce graffiante, in piena armonia col flauto impetuoso che ogni tanto ci ricorda di essere ancora vivo (“Pensa dove vai, se vuoi farlo tu, non voltarti indietro mai, non tradire più quello che tu vuoi, hai già dato tutto di te, hai perso tutto ormai, il vuoto è intorno a te, la vita che tu hai è niente, chiudi gli occhi tuoi e vivi insieme a te un attimo di tutto e via“).
In “Vado verso una meta” la chitarra si presenta fin da subito veemente, mentre i tamburi sono saldi ed attivi in tutta la pista. Si intravedono brevi accenni alla classica “tarantella” meridionale, che gli Osanna hanno avuto il coraggio di smontare e rivestire con un abito progressive macchiato nel suo tessuto dall’hard-rock. Diversamente, In un vecchio cieco” (che fu pubblicata su 45 giri) si apre con una chitarra acustica seguita da alcuni riff di chitarra elettrica e leggere percussioni; inizialmente sembra legarsi al beat italiano degli anni Sessanta, per poi esplodere in una magnifica sezione di flauti che porta ad una pista finale completamente contorta, in un cambio di rotta improvviso attuato da un corrosivo sax (“Lascio cadere una pioggia su me, mi bagna ma so che non c’è nulla rimane di ciò che era ieri oggi domani rivivo, forse cercherò qualcuno forse niente cerco questo non lo so, resterò da solo fermo e non ricordo ma troverò qualcosa dove non lo so ma indietro non ritornerò, mai).
L’amore vincerà di nuovo” presenta il binomio linguistico inglese/italiano e contiene un’intermezzo più hard-rock sul quale si innestano assoli di flauto traverso, armonizzazioni vocali e la sezione ritmica pungente di Brandi e Guarino, mentre la dura “Everybody’s Gonna See You Die” si costruisce spontaneamente attraverso alcuni granitici riff di chitarra ed è un grido di coscienza rivolto all’essere umano nel momento estremo della propria vita. La nuda e cruda “Lady Power” ricalca ancora gli espedienti della precedente traccia ma con la mano meno ferma, terminando l’album in una melodia sporca senza infamia nè gloria e che porta alla mente la sonorità dei Free.

Frammenti di contemplative tastiere, evocativi passaggi di chitarra acustica, chitarre elettriche dissennate ed un leitmotiv di matrice hard-rock con qualche timido cenno alla musica classica e alla tradizione italiana: questi sono gli ingredienti degli Osanna. Risulta particolarmente soddisfacente l’uso impetuoso di flauto, armonica e sassofono che sarebbero divenuti un contrassegno dei gruppi progressive italiani a venire. Un ulteriore passo in avanti sarà compiuto due anni dopo con lo straordinario Palepoliun album molto più sperimentale e progressivo di questo precario Uomo, che pur sembra sapere già il fatto suo. 

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