German Oak – German Oak

I German Oak erano fondamentalmente una piccola comunità di cinque hippies di Dusseldorf – Wolfgang Franz Czaika (chitarra), i fratelli Ullrich (percussioni) e Harry Kallweit (basso, voce), Manfred Uhr Warlock (organo) e Norbert Luckas (chitarra, effetti) – che, con l’ausilio di strumenti economici, sono riusciti a scalfire una delle gemme più strane e cupe dell’intero Krautrock. Tra i deliri dei Magma e quelli dei Guru Guru, il loro primo sforzo vinilico auto-prodotto venne pubblicato nel 1972, dopo essere stato registrato in un bunker appena fuori Dusseldorf: questo dato definisce in sostanza l’alone di mistero intorno al disco, che venne inoltretumblr_md38bnsGwC1qemva8o1_cover rilasciato in pochissime copie con un ritratto stilizzato di un soldato del Reich in copertina, esorcizzando in tal modo la rabbia per la Seconda Guerra Mondiale verso i propri parenti e genitori. La musica riflette, infatti, questa bellica Kunstlerschuld in modo molto oscuro, detonando in pesanti chitarre distorte e rumori elettronici che riverberano direttamente dal rifugio anti-atomico. Si tratta fondamentalmente di un album concettuale, che può essere visto come un atto di denuncia sulla Seconda Guerra Mondiale e sulle colpe che gravavano sull’intera popolazione tedesca, complice per omertà di una delle più feroci dittature della storia europa. I German Oak si propugnano, quindi, ambasciatori di un’espiazione generazionale, creando un disco dal forte impatto emotivo, composto da sole quattro tracce – due più lunghe e due più brevi, che fungono da introduzione e da epilogo -, in cui l‘atmosfera del bunker apporta un tocco desolante e depressivo alla musica del quintetto.

Si comincia con la breve marcia militare di “Airalert” che ci scorta poi verso Down In The Bunker“, con la voce di Hitler che esce direttamente da una radio del rifugio. Anche in questo caso, il suono è molto “fangoso”, con la batteria e la chitarra che iniziano a plasmare un caotico requiem per le tragiche conseguenze della guerra, a metà strada tra i primi Tangerine Dream e i Faust, ma con più enfasi sul “lato oscuro”. L’altra imponente traccia è quella di “Raid Over Dusseldorf“, una lunga e torbida nenia in grande sintonia con le jam del Krautrock più psichedelico, con un ritmo perpetuo e sistematico che guida l’ascoltatore in un trip acido e catastrofico, che ben porta in musica l’agonia del 23 aprile 1944, quando Dusseldorf subì uno dei più feroci bombardamenti strategici riservati alle città tedesche. Con un tema simile alla prima traccia, “1945 – Out Of The Ashes” chiude infine il disco sulla base di un organo elettrico lamentoso e una sezione ritmica ossessiva, rivelando tuttavia un finale a sorpresa con le campane della chiesa, il suono del traffico e il cinguettio degli uccelli, facendoci quindi finalmente uscire dal bunker e dalla terribile guerra.

Le 3 bonus-tracks della nuova ristampa in CD (Witch & Warlock Records, 1990) apportano qualche momento interessante, con alcuni sezioni rock più aggressive, ma non aggiungono nulla di fondamentale alla ripartizione originale del disco. Il risultato finale del primo lavoro di questi German Oak non può infatti lasciare indifferenti: la maggior parte dell’album è buio, metallico e claustrofobico, grazie all’uso della voce di Hitler e delle esplosioni delle bombe, con la desolazione della guerra che viene in questo modo vissuta empaticamente sulla propria pelle. Alla fine, però, la rabbia si spegne, con le campane che annunciano l’avvento di una nuova era. Ai German Oak, non andò però meglio: dopo aver pubblicato Niebenlungenieg nello stesso anno, la band provò a promuoversi nei locali ma venne più volte rifiutata, trovando perfino l’ostracismo dei negozi di dischi locali che respinsero tutti i loro tentativi di vendere i loro album. Tale era la loro mancanza di successo che 202 delle 213 copie originali vennero poi immagazzinate nel seminterrato dell’organista Manfred Uhr Warlock fino alla seconda metà degli anni Ottanta, quando il Krautrock cominciò a risollevarsi dall’oblio in cui era inesorabilmente caduto.

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