Carol Grimes and Delivery – Fools Meeting

In scena dal 1966 come Bruno’s Blues Band, la prima formazione stabile dei Delivery vide riunire assieme diversi luminari di Canterbury, tra cui i due fratelli Miller, Phil (chitarra) e Steve (pianoforte), Jack Monck (basso) e Pip Pyle (batteria), accompagnati da una sfilza di cantanti occasionali. Per qualche tempo si interessò a loro anche il grande Alexis Korner, suonando pure in coppia con Steve Miller in New Generation of Blues (1968), poi la band decise di cambiare il proprio nome in Delivery, partendo per una gavetta formativa con i bluesmen neri americani in tour in Gran Bretagna nel tumultuoso 1968. Un anno più tardi, nel 1969 si inserì nel progetto anche il folle sassofonista Lol Coxhill (forse il condottiero di questo “incontro tra folli” enunciato nel titolo!), mentre il bassista Jack Monck venne sostituito da Roy Babbington; venne, inoltre, ingaggiata anche la talentuosa Carol Grimes, una delle voci forse più ingiustamente dimenticate del periodo, sulla quale l’etichetta (la B&C) spinse in fase di promozione, riproponendo in tal modo il parallelismo Janis Joplin/Big Brother allora in voga e relegando i Delivery ad una sorta di backing band. Fu così che Fools Meeting uscì nel novembre del 1970 dopo alcune frettolose sedute di registrazione, edito a nome “Carol Grimes and the Delivery” con la classica foto di gruppo in copertina e, sullo sfondo, una coloratissima mandala disegnata dall’artista psichedelico Larry SmarSenza titolo-1t, all’epoca marito della Grimes.

Con un cast del genere, indubbiamente le aspettative sono altissime: fra tutti, spicca senz’altro la voce dolce ed espressiva di Carol Grimes, mentre il contributo di Lol Coxhill, con le sue dissacranti sferzate fiatistiche ed i suoi polmoni pieni di irriverenza, si infilano come artigli nelle composizioni di Phil Miller, la cui chitarra viene mitigata dalle arringhe pianistiche jazz del fratello Steve, con le sue note brevi e taglienti che rendendo il blues molto più eclettico e colorato. La sezione ritmica è, infine, un altro punto forte, scalfita dal futuro Soft Machine Roy Babbington che opera chirurgicamente in connubio con il visionario Pip Pyle, lanciandosi spesso andare in ritmi davvero poco ortodossi.

Battezza il disco la disinibita “Blind To Your Light” con la sua furente linea di basso, evocando un’atmosfera blues che sembra confermare le aspirazioni della casa discografica di rivaleggiare con Janis Joplin e la sua band, tuttavia il sassofono squinternato di Coxhill insieme al piano di Steve Miller aiutano ad aggiungere pepe alla melodia, dandogli un tocco di caustico jazz. L’atmosfera blues rimane a galla in “Miserable Man, anche se con un ritmo rallentato considerevolmente, mentre il suono complessivo scava le sue radici nella scena rock psichedelica degli anni Sessanta, rendendo l’accostamento coi Jefferson Airplane consequenziale quanto una multa dopo un divieto di sosta. Successivamente, con Home Made Ruin”  si può iniziare a percepire sulla pelle una lieve brezza di rock progressivo, in cui la chitarra di Phil Miller viene alla ribalta reagendo alle miti tastiere del fratello Steve, anche se il fattore dominante nella melodia è dato dal suo forte ritmo crescente, ma è forse con la caleidoscopica “It Is Really The Same” che i Delivery iniziano ad assumere i toni che, in quel periodo, stavano invadendo l’intera scena rock britannica, seppur Coxhill riesca ad infondere una atipica energia grezza nella performance della sua band, dando loro un suono molto più sporco rispetto alla visione lucida che molte band del periodo avrebbero proposto. E se nella sottile “We Were Satisfied” i Delivery portano insieme a bollore rock progressivo e psichedelia, brani come la schizofrenica “The Wrong Time” e l’agonistica “Fighting It Out” paiono più virare perifrasticamente verso il jazz, seppur non disdegnando di immergersi ogni tanto nelle tiepide acque dell’ R&B. La sensuale “Fools Meeting” torna, infine, a congiungersi al vecchio e paterno blues, congedando e congelando la breve avventura discografica dei Delivery nella storia.

Meritano una menzione anche due bonus tracks: la prima, “Harry Lucky“, venne scritta da Pip Pyle e dalla sua compagna di allora, Alfreda Benge (futura moglie di Robert Wyatt), e fu originariamente omessa dalla versione in vinile ma rilasciata come singolo per promuovere l’uscita dell’album; “One for You” fu, invece, registrata dopo lo scioglimento della band nell’ottobre del 1971, mostrando come nel breve periodo intercorso dalla loro ultima registrazione, la formazione sia approdata ad un brillante stile blues vivacizzato da un approccio più improvvisativo, una caratteristica peculiare della maggior parte dei futuri gruppi canterburiani. 

Nel 1971, Pip Pyle lasciò il gruppo per approdare ai Gong, venendo sostituito da Laurie Allan, che spostò l’asse stilistico dei Delivery verso il jazz, una scelta che provocò la defezione della Grimes. Poco dopo, la band si sciolse: Lol Coxhill andò a suonare con Kevin Ayers, Phil Miller fondò i Matching Mole con Robert Wyatt e Dave Sinclair, ma una nuova line-up venne assemblata nella primavera del 1972 dai fratelli Miller, Pyle e Richard Sinclair, allora compagno di Steve Miller nei Caravan. La band così formata si esibì in un paio di spettacoli dal vivo nell’estate dello stesso anno, con Steve Miller sostituito da Dave Sinclair, una formazione improvvisata che prefiguró però gli Hatfield and the North. Una performance finale dei Delivery ebbe, infine, luogo nel novembre 1972 per la BBC, con una line-up inusuale composta dai fratelli Miller, Pyle, Babbington, Coxhill e Sinclair. 

La storia dei Delivery durò soltanto un paio di anni, ma è davvero un peccato che sia l’album che la band siano diventati delle semplici note a piè di pagina nella storia canterburiana. Fools Meeting nella sua versione originale è un disco rarissimo e costoso, ma venne ristampato dopo quasi trent’anni dalla Cuneiform nel 1999, con l’aggiunta di due brani in studio e due live londinesi, riportando in luce un album unico nel suo genere: un atipico ed esclusivo esempio di blues canterburiano, senza cedimenti né eguali nella storia. 

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