Breve Storia della Scena di Canterbury

 


“Secondo me, avevamo adottato un punto di vista jazzistico: sì, suonavamo anche le canzoni pop di Kevin e Robert ma con un non so che di jazz. Per certi versi, non era un connubio facile ma produsse risultati singolari, perché eravamo gli unici. Direi che fu probabilmente il primo esempio di ‘crossover’ – di ‘fusion’ se preferite – nella storia della musica pop. Non so, forse anche i Doors facevano le loro cosine e Arthur Brown ebbe i suoi meriti ma non erano in molti a usare quel genere di componenti jazzistiche.”

(Daevid Allen)

Tutto cominciò a Canterbury, la splendida cittadina del Kent nota soprattutto per la sua cattedrale ed i racconti di Chaucer: a casa dell’adolescente Robert Ellidge (alias Robert Wyatt, dal cognome materno) iniziò il primo capitolo di quella che sarebbe passata alla storia come “la scena di Canterbury“, un movimento culturale che gli stessi protagonisti ancora oggi non hanno ufficializzato; nella metà degli anni Sessanta a Lydden (ad una quindicina di minuti da Canterbury), nella guest-house vittoriana della famiglia Wyatt-Ellidge (la Wellington House) si formò un piccolo cenacolo di letteratura, poesia e musica jazz. Il padre George Ellidge era uno psicologo e scrittore, malato di sclerosi multipla, mentre la madre Honor Wyatt lavorava come giornalista radiofonica: pur non ricchi, i genitori di Robert rappresentavano la tipica famiglia inglese liberale e di ampie vedute, con spiccati interessi artistici e musicali, e fu così che nel giro di un paio di anni si formò questa peculiare confraternita psichedelica in cui figuravano, oltre al sedicenne Robert, i fratelli Hopper, i cugini Sinclair, Pye Hastings ed il fidanzato di sua sorella, tale Kevin Ayers. Per un certo periodo, prima del Natale del 1960 “a due penny a settimana” soggiornò anche il catalizzatore canterburiano Daevid Allen, reduce da Parigi e col quale, all’inizio del 1963, Robert Wyatt e Hugh Hopper andarono a coabitare in un monolocale londinese a Belsize Park: nella primavera dello stesso anno i tre formarono i Daevid Allen Trio, coniugando la poesia al jazz d’avanguardia, una band provvisoria che a causa della estemporaneità del suo repertorio vide annullarsi gran parte dei propri ingaggi (unica testimonianza del periodo è il CD Live 1963, Voiceprint, 1994 – in cui Hugh Hopper attribuisce l’insuccesso del gruppo alla probabilità certa che la loro musica, “oltre a essere maledettamente provocatoria, facesse anche schifo“).

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Rimasti a Canterbury, nel frattempo Brian e Hugh Hopper avevano formato un gruppo di “beat contemporaneo” a cui nel 1964 si unirono Kevin Ayers, Robert Wyatt e Richard Sinclair: è il primo nucleo dei Wilde Flowers, una band dal nome preso da un manuale di botanica e dalla formazione instabile, attiva dal 1963 al 1967 e di cui nessuno pressochè si accorse all’epoca (ad eccezione di un episodio in cui furono cacciati da un pub per i capelli lunghi) ma fu la stele di Rosetta dalla quale discenderanno tutti i gruppi di questa favolosa scena-non-scena, dai Soft Machine ai Caravan, fino ai Matching Mole e agli Hatfield & The North; unica testimonianza di questa effimera avventura è un disco intitolato Tales of Canterbury – The Wilde Flowers Story (1994 Voiceprint), una raccolta di brani registrati da Brian Hopper in vari momenti fra il 1965 ed il 1969, l’unico personaggio peraltro ad avere riconosciuto l’esistenza della componente canterburiana.

Daevid Allen nel 1966 si trovava invece nella “filiale” canterburiana di Deiá (Maiorca) e aveva da poco fondato un altro gruppo con Ayers e Wyatt, i Mister Head, quando Lady June (una eccentrica pittrice e musicista) gli presentò Wes Brunson, uno stravagante americano con la smania di usare il rock per diffondere gli ideali di una Nuova Era: è con i suoi dollari che la band si trasferisce nuovamente a Londra, nella casa di Robert a Dalmore Street, e dopo un paio di esibizioni col nome di Bishops of Canterbury, finalmente trovarono la loro sigla definitiva, battezzandosi in Soft Machine (in omaggio a “La macchina morbida” di William Burroughs). Saranno proprio loro il gruppo di diamante della scena di Canterbury, con le inclinazioni jazziste del batterista Robert Wyatt mitigate dal pop del bassista Kevin Ayers, e le stravaganze di Daevid Allen ricomposte dal classicismo del tastierista Mike Ratledge. Il resto è storia, con Daevid Allen rimasto alla frontiera francese che si rifà una carriera coi Gong e la compagna Gilli Smyth, Kevin Ayers in crisi di identità dopo i tour con Hendrix che si ritira nelle Baleari salvo poi dedicarsi alla sua intermittente carriera solista, Hugh Hopper che viene promosso da rodie a bassista e, appunto, Robert Wyatt che perde interesse per la musica del gruppo, fonda i Matching Mole (storpiatura inglesizzata dalla traduzione francese – “machine molle” – di Soft Machine) e poi trova sfogo in una prolifica discografia solista che neanche l’incidente riuscirà a macchiare. Orfana dei suoi padri, la macchina ormai molle dei Soft Machine si scioglierà in un manierismo di pregevole fattura, ma senza più spunti solidi.

Nel frattempo, se i Soft Machine del gran maestro Robert Wyatt hanno rappresentano il lato sperimentale ed apollineo della musica di Canterbury, i Caravan ne personificano la componente più legata ad un romanticismo pop incontaminato e fiabesco. La formazione originale contava gli ex Wilde Flower David Sinclair (tastiera), Richard Coughlan (batteria) e Julian “Pye” Hastings (chitarra), mentre all’inizio del 1968 si unì il cugino di David, Richard Sinclair, in veste di cantante e bassista: con questo quartetto la band sfornò i primi tre piacevoli album, mentre il resto fu storia abbastanza banale. Sul lato opposto, vi fu invece il lato cosmico e lisergico dei Gong, coi messaggi ultra-terresti che prendono il via dalla visione del pianeta gonghiano nella Pasqua del 1966 da parte di Daevid Allen, incaricato da una misteriosa emittente telepatica chiamata Radio Gnome e da un folletto con un’elica in testa di preparare gli umani alla venuta degli Pot Head Pixies nel 2032, con messaggi di fratellanza e benevolenza.

E se i Gong continuarono la loro carriera in maniera abbastanza fluida fino alla recente scomparsa di Allen, non si può dire lo stesso di Robert Wyatt, la cui nuova carriera coi Matching Mole fu interrotta da un tragico incidente: il 1 giugno 1973, durante la festa di compleanno londinese della già citata Lady June, il batterista cadde dalla finestra del quarto piano “rovinando la festa a tutti” e rimanendo paralizzato dalla vita in giù (le cause, sostenne in seguito, furono: “il vino, il whiskey, il Southern Confort e la finestra aperta“. In quest’ordine). Passò oltre sei mesi in ospedale, e all’uscita si trovò costretto a reinventarsi una carriera: non potendo più suonare la batteria ripiegò sulla tastiera, riscoprendo ulteriormente la sua voce come strumento, fino ad avviare una lucida produzione discografica solista.

Una serie di altri gruppi discenderanno da queste formazioni sovra-elencate: dagli Arzachel, morti e sepolti nello stesso pomeriggio, ai triangolari Egg, fino al jazz cosmico dei Khan, al rock in pillole degli Hatfield & the North e dei National Health. Nella seconda generazione spiccarono invece per importanza David Bedford, Lol Coxhill e Mike Oldfield, tutti collaboratori di Kevin Ayers, ma di fatto la storia canterburiana si era già conclusa senza mai essere stata ufficializzata.